“Per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza”. Lo ha detto il Mahatma Gandhi, che oggi viene ricordato dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida nell’anniversario della sua nascita.
Strano, verrebbe da dire, che il Ministro dell’Agricoltura italiano trovi spazio per celebrare una festa nazionale indiana, e la figura di chi, grazie alla disobbedienza civile di massa, ha condotto l’India all’indipendenza. Curioso, quantomeno. Ma certo, molto bello, perché chi può non amare la figura del Mahatma Gandhi.
Colui che predicò l’amore contro “l’odio britannico”. Che convinse il popolo a protestare, ma non attraverso la violenza. Che predicò – tra le altre cose – la non-cooperazione con il governo britannico, e che portò avanti il movimento Swadeshi, con cui si invitavano i cittadini indiani a boicottare beni, risorse, aziende britanniche, per fare pressione per l’indipendenza indiana.
Colui che fece dello sciopero (non solo della fame, ma dello sciopero generale) una delle forme più attive e convincenti di protesta nel suo paese.
Lollobrigida, ma lei lo sa chi era Gandhi?

Ecco. Verrebbe da chiedersi, e da chiedersi con insistenza, se il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida sappia tutte queste cose, se sappia chi era Gandhi. Ci provo: Ministro, lei lo sa chi era Gandhi?
Perché, al di là della non violenza, utilizzare la sua figura per condannare uno sciopero è una scelta paradossale. Ridicola, verrebbe da dire, se non fosse che non c’è proprio nulla da ridere. Ma è esattamente la scelta che fa oggi Lollobrigida, nell’anniversario della nascita del Mahatma, e nel giorno in cui l’Italia intera (o quanto meno una sua enorme parte, coloratissima e viva) si ferma per protestare contro lo sterminio della popolazione palestinese, contro la mancanza di supporto che c’è stata e che viene ancora ribadita dal Governo Meloni nei confronti della Global Sumud Flottilla, a favore della pace.
Cento manifestazioni in tutto il Paese, centinaia di migliaia di persone che si riversano nelle strade, rinunciando a lavorare, ad andare a scuola, a fare quello che devono fare e investono il loro tempo per esprimere il loro dissenso, e il loro supporto, a seconda delle parti da cui si vede il tutto.
Che fanno esattamente quello che Gandhi invitava gli Indiani a fare: manifestare pacificamente. Protestare. SCIOPERARE. Hartal, lo chiamava Gandhi, e ancora oggi si chiama così, in India: uno sciopero di massa, una mobilitazione delle persone, del popolo, per protestare, fermandosi, chiudendo i posti di lavoro, i negozi, le fabbriche. Pregando, anziché lavorare. Manifestando il proprio dissenso.
E invece, Lollobrigida, che
, sostiene che i manifestanti di oggi siano il contrario di quello che professava Gandhi.Sostiene il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che oggi, nell’anniversario della nascita di Gandhi, “vergognose parole di odio avvelenano scuole, università e piazze”.
Le manifestazioni per Gaza
E bisognerebbe chiederlo davvero, al Ministro Lollobrigida, quali sono quelle parole di odio. Quali sono i veleni delle piazze, delle scuole, delle università. Perché abbiamo come la sensazione che Lollobrigida in quelle piazze non ci abbia neanche messo il naso per sbaglio, ad ascoltare quello che in quelle piazze e in quelle scuole si diceva.
E non basta fare un meraviglioso esercizio retorico (la sineddoche, si chiama), scambiando la parte per il tutto e sostenendo che i facinorosi – che ci sono sempre stati e che ci saranno sempre, e che talvolta la storia ci insegna che non erano neanche quelli che si pensava che fossero – che hanno danneggiato la stazione di Milano o le OGR di Torino siano la rappresentanza delle persone che si sono riversate oggi nelle vie. Io c’ero, e come chiunque era lì posso raccontare di giovani, di musica, di cori, anche di sfilate silenziose. Di bandiere, di cartelloni, di parole di pace scritte su tutti i manifesti. Di bambini, di genitori, di anziani. Di colori, tutti i colori. Di persone belle, pacifiche, accorate.
Persone come mio figlio di otto anni, che ha deciso, in accordo con mamma e papà, di “scioperare” dalla terza elementare, e non per dormire di più o per fare un “weekend lungo”, come dice una Presidente del Consiglio che dovrebbe rappresentare anche lui, e me, e tutte le persone che hanno manifestato. No, mio figlio di otto anni questa mattina si è svegliato presto, si è vestito, ed è venuto insieme a sua sorella, ai suoi genitori e ai suoi nonni in piazza, a manifestare e a dimostrare tutta la solidarietà che può al suo nuovo amico, arrivato dalla Palestina con una gamba amputata e una storia orribile alle spalle.
Recupererà il giorno di scuola studiando nel weekend, come io recupererò il lavoro non fatto negli stessi giorni. Perché nella vita ci sono cose più importanti perfino della scuola e del lavoro, cose importanti come spiegare a mio figlio cosa sta succedendo in Palestina. O come spiegargli chi era il Mahatma Gandhi, e come il 6 aprile del 1919 guidò un enorme, storico ed esemplare sciopero generale in India, con astensione di massa dal lavoro. Mi devo appuntare di raccontarglielo, a mio figlio, ché mi piace pensare che da grande possa evitare di fare gli stessi errori del Ministro Lollobrigida.