Una startup milanese sta sviluppando l’intestino di trota artificiale per farci continuare a mangiare pesce

La maggior parte dei pesci che mangiamo sono carnivori, e questo è un problema. Ci sta pensando Fish-AI, dall'Università di Milano,

Una startup milanese sta sviluppando l’intestino di trota artificiale per farci continuare a mangiare pesce

C’è una startup che sviluppa cellule della mucosa intestinale, e questo potrebbe salvare le nostre zuppe di pesce (e i vostri avocado salmon toast). Un momento, cosa cosa? Eh sì, perché l’intestino in questione è quello della trota, e lo studio serve a testare nuovi mangimi senza fare stragi. Ma forse è meglio riavvolgere il nastro.

Ormai maggior parte del pesce che mangiamo è allevato, non pescato. Ecco cosa ha certificato il rapporto Fao 2024 sul tema: “Nel 2022 e per la prima volta nella storia, l’acquacoltura ha superato la pesca di cattura come principale fonte di animali acquatici. La produzione globale di acquacoltura ha raggiunto un record senza precedenti di 130,9 milioni di tonnellate, di cui 94,4 milioni di tonnellate sono animali, il 51 percento della produzione totale di animali acquatici”. E le cose ovviamente non possono che peggiorare, visto che da un lato i mari si impoveriscono, dall’altro gli esseri umani sono sempre di più, e vogliono mangiare sempre meglio.

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C’è da aggiungere una cosa che forse non tutti sanno: la maggior parte dei pesci che mangiamo – orate, cernie, salmoni, trote – sono carnivori. Mangiano cioè altri pesci, e quindi quando li si alleva bisogna dare loro mangime di quel tipo lì. Il risultato, perversamente paradossale, è che si pesca un sacco di pesce non per mangiarlo, ma per nutrire i pesci d’allevamento. Si potrebbe dire che peschiamo di più per pescare di meno. Insostenibile. 

Ora, una strada semplice e pulita sarebbe quella di ridurre la pesca, limitare gli allevamenti, mangiare tutti meno pesce, magari di qualità migliore. (In più l’impatto degli allevamenti acquatici, proprio come quello dei loro corrispettivi terrestri, è terrificante per l’ambiente. Per non parlare delle condizioni di sofferenza animale, da cui certo i pesci non sono esenti) Ma indovinate? Non è quello che faremo.

Cercheremo invece, stiamo già cercando, dei mangimi surrogati, delle alternative terrestri per nutrire i pesci di acquacoltura. Cosa sono? Le più varie, dai vegetali agli ormai onnipresenti insetti, fino agli scarti della macellazione e lavorazione di carni (assurdo? Non sarò io a dire il contrario). Il problema è che i pesci queste robe non le hanno mai mangiate, non si sa che effetto gli fanno, e quindi bisogna testarle. Direttamente su di loro, chiaro: facendo una strage di innocenti ancora prima di portarli a tavola. E con dei costi insostenibili – perché come avrete intuito, delle stragi poco ci frega – dato che si tratta sostanzialmente di sparare nel mucchio.

Cosa fa Fish-AI

Direttamente su di loro? Non è detto. A questo punto arriva, anzi è arrivata 5 anni fa, Fish-AI: un progetto di ricerca pubblico-privato, coordinato dall’Università di Milano. Ecco come si presenta: “Il progetto, identificato con il titolo esteso Sviluppo di un intestino artificiale per l’allevamento sostenibile di pesci sani, mira a sviluppare una piattaforma di coltura 3D di nuova generazione, che imita il complesso microambiente della mucosa intestinale in vitro. È progettato per una valutazione predittiva di componenti alternativi per le diete da utilizzare in acquacoltura. L’obiettivo è implementare sostenibilità e competitività e, allo stesso tempo, ridurre significativamente il numero di animali utilizzati per uso sperimentale. Fish-AI è il risultato di sinergie e scambi tra esperti internazionali nel campo della fisiologia della nutrizione, dell’ingegneria tissutale, della biologia cellulare e della medicina rigenerativa per lo sviluppo di tecnologie innovative al servizio della produzione alimentare sostenibile”.

Grazie alle cellule staminali – ha spiegato il coordinatore del progetto Fulvio Gandolfi, docente di Anatomia e Fisiologia Veterinaria, in una intervista al sito Scienza in rete – hanno creato una mucosa intestinale, che è quella che assorbe i nutrienti e li passa al sangue: così da analizzare la digeribilità e l’efficacia di alimenti con varia origine. L’intestino simulato è quello della trota, che è il pesce più allevato in Italia ed è parente dell’ambìto salmone. 

Dice Gandolfi: “può trattarsi di diete complete, singoli additivi o mix di additivi oppure composti bioattivi, in grado di stimolare la risposta immunitaria o inibire il danno cellulare; noi possiamo verificare diversi aspetti interessanti; per esempio se l’elemento testato danneggia la barriera intestinale, se favorisce o inibisce l’assorbimento di aminoacidi, se ha eventuali effetti riparatori su precedenti danni cellulari reversibili. Oppure alcuni additivi possono controbilanciare i danni cellulari provocati da alcune componenti della soia o della chitina degli insetti, rendendo possibile l’inserimento di determinati ingredienti nella composizione dei mangimi”. 

Naturalmente un passaggio dalla sperimentazione in vitro a quella in vivo sarà sempre necessario, per verificare gli effetti generali sul corpo di un essere vivente, sulla crescita eccetera. Ma insomma almeno è una scrematura. A fine 2024 Fish-AI ha concluso il proprio progetto di ricerca e gli stessi fondatori hanno aperto NUTRIsim, una start-up ha ottenuto un finanziamento per passare dalla fase sperimentale alla cosiddetta proof of concept. In bocca al lupo (cioè noi).