Come sono i vini di Carlo Cracco: Prova d’assaggio

La nostra recensione dei vini di Carlo Cracco, letteralmente un bianco e un rosso, ovvero le due etichette firmate dallo chef in vendita (a un prezzo di 44 euro a bottiglia) sul suo e-commerce.

Come sono i vini di Carlo Cracco: Prova d’assaggio

Cosa dire di Carlo Cracco che voi non sappiate già? Sineddoche del tele-chef, antesignano dello chefwhashing (le patatine, ricorderete) ma soprattuto cuoco, dalle cucine di Gualtiero Marchesi in poi, tanto connesso al fine dining e alla creatività culinaria da essere stato definito “stellato” anche quando una Stella Michelin, da Cracco in Galleria a Milano, non ce l’aveva.

Metafora invero anche del lusso sfrenato, e suo malgrado (ricorderete la contestazione da parte degli attivisti di Ultima Generazione), Cracco non è un cuoco da pop-up restaurant o collaborazioni con Autogrill e preferisce, per diversificare la propria attività come oramai fanno tutti gli chef desiderosi di sfruttare il proprio buon nome, vendere prodotti patinatissimi sul proprio e-commerce. Tra i quali il vino.

Perché ciò che magari potrebbe esservi sfuggito è che Carlo Cracco è anche vigneron: dal 2019 gestisce assieme alla moglie Rosa Fanti l’Azienda Agricola Vistamare, oltre 14 ettari di vigneto, frutteto e oliveto adagiati sulle morbide colline di Santarcangelo di Romagna. Doverosa precisazione: viene specificato da più parti che l’azienda è di Rosa Fanti, retroetichetta dei vini compresa; ma essendo Fanti e Cracco in istato di coniugio non rileviamo torbidità.

Le viti, anzianotte e originarie della tenuta, occupano cinque degli ettari aziendali affondando le radici nel terreno arenaceo, e sono una discreta gragnola di varietà tipiche della zona, sia bianche che rosse. La gestione di vigna e cantina è affidata a Luca D’Attoma, enologo toscano di chiara fama con predilezione per sistemi di coltivazione biologici e biodinamici.

Dove si comprano i vini di Carlo Cracco e quanto costano

Vini di Carlo Cracco

I vini di Cracco si possono trovare esclusivamente sul suo shop on-line, due sono al momento le etichette a disposizione: il Rubicone Bianco IGT La Ciola 2022 e il Colli di Rimini Rosso DOC Colle Giove 2020. Badate che non vengono via con una stretta di mano: il costo è di 44 euro a bottiglia, cui vanno sempre aggiunte le spese di spedizione (spiacenti, non è contemplata la spedizione gratuita oltre una certa cifra).

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Nulla di sbagliato, ci mancherebbe, ma allora un lamento ce lo concediamo: a fronte di richieste economiche piuttosto importanti, che vogliono trasmettere al cliente un’alta qualità di prodotto e servizio, avemmo gradito packaging diverso rispetto a un cartone senza logo contenente due bottiglie arrotolate in del pluriball chiuso con nastro da pacchi. Le bottiglie sono sì giunte a destinazione integre e senza danni, molto bene, ma non appare in linea con le aspettative veicolate dallo shop di un ristoratore stellato. Ad ogni modo, ciò che conta davvero sono i vini, per cui armati di calici e cavatappi diamo il via alle ostilità.

Bianco Rubicone IGT La Ciola 2022 by Carlo Cracco: Prova d’Assaggio

La prova d’assaggio parte con il Bianco Rubicone IGT La Ciola, annata 2022. Il vino è un blend di grechetto gentile, malvasia di Candia e bombino (localmente chiamato pagadebit, ndr.); noi citiamo le informazioni riportate in retro-etichetta, ma girando per internet troverete diverse versioni dell’uvaggio del La Ciola, compreso il sito di e-commerce di Cracco dove abbiamo acquistato i vini, il quale nomina l’albana al posto della malvasia di Candia. All’ultimo censimento albana e malvasia di Candia risultavano due uve distinte e separate, ma andiamo avanti.

Ogni uva viene raccolta separatamente dalle altre, pigiata e lasciata in macerazione a freddo per 24 ore. In seguito i mosti puliti vengono travasati in anfora da 16 hl e lì prima fermentano e poi affinano per un totale di nove mesi di alloggio in terracotta. Il colore del vino suggerisce qualcosa su una lavorazione per così dire ‘atipica’ di un bianco: giallo dorato limpido e splendente.

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Anche il naso è importante, non il vostro classico bianco tutto fiorellini e frutta a polpa bianca: emergono note di mela cotogna, zest d’arancia, fieno secco, netta nota di elicriso che si intensifica man mano che il vino si scalda, miele di castagno (sì, è diverso dal millefiori e dal miele di acacia, vi invito a provare), accenni finali di cenere e canfora. Un naso evidentemente complesso ed affascinante.

L’assaggio rivela un vino corposo e molto intenso, che non difetta di freschezza e con un finale assai lungo. Certo, necessita con urgenza di cibo al fianco, possibilmente a tendenza dolce, poiché non è un vino che si beve da solo: la componente amara che si percepisce sul finale di bocca, se non contrastata da altre sensazioni gustative, tende a sommarsi sorso dopo sorso rendendo l’esperienza via via meno piacevole.

È un vino che vale i 44 euro? La risposta è ardua. Il concetto di rapporto qualità/prezzo applicato ai vini è visto da molti esperti del settore come autentico becerume: sostengono che non si possa affibbiare un prezzo ‘giusto’ ad un prodotto contadino e vivo come il vino e che il vino ‘vero’ sia sempre di qualità. Io, che conto il giusto, ritengo invece che non basti la storicità della denominazione, della cantina, o le nobili intenzioni del vignaiolo: se un vino non è solo buono ma di alto livello, un vino elegante, lo si percepisce sempre, anche non essendo degli esperti. Citando il Maestro Armando Castagno “esiste un’oggettività nell’eleganza. L’eleganza è prima di tutto discrezione, non è mai ostentazione”. Il La Ciola è elegante? Lo è dalla mescita nel calice fino a metà dell’assaggio, fin quando l’amarore non prende il sopravvento e lo sgrazia. In sintesi, può assolutamente salire di livello ma non ci viene di gridare allo scandalo vedendolo proposto a 44 €.

Colli di Rimini DOC Colle Giove 2020 by Cracco: vale i suoi 44 euro?

L’assaggio del Colli di Rimini DOC Colle Giove 2020 è tutto sommato più semplice. Vino a base sangiovese che fermenta un mese a contatto con le bucce per poi affinare sulle fecce fini per altri otto mesi. Il vino si presenta nel calice con un rosso rubino non molto scintillante, che nel cuore sta cominciando a incupirsi verso toni granato.

Al naso prevalgono fiori e frutta: presenti richiami di rosa rossa, fragola matura ed arancia sanguinella, con leggeri cenni sullo sfondo di smalto, rabarbaro e legno di sandalo. In bocca l’acidità la fa da padrona, il vino è guizzante grazie anche alla scarsità di tannini. Di sapore contenuto, finisce con richiami di fiori e china lasciando però un’eccessiva sensazione amara.

E qui il giudizio è più facile rispetto al La Ciola: il Colle Giove manca di finezza, è facilmente comparabile alla pletora di sangiovesi di varia provenienza che invadono il mercato e, in definitiva, non vale i 44 euro chiesti. È una 2020, è la prima vendemmia aziendale, magari le annate successive sono meglio realizzate, tutto quello che si vuole; tuttavia, per onestà di giudizio non possiamo non dire che il Colle Giove 2020, tutt’oggi venduto nell’e-commerce di Cracco a quella cifra, ha una nutrita schiera di competitor che, anche a prezzi più vantaggiosi, garantiscono una maggior soddisfazione.