Le vittime mai risarcite della strage del vino al metanolo

La strage del vino al metanolo, scandalo del vino italiano se ne esiste uno, ha fatto vittime e poca giustizia, al netto delle condanne.

Le vittime mai risarcite della strage del vino al metanolo

Ci sono delle ombre che vorticano intorno allo strage del vino al metanolo, storia che abbiamo cercato di riscoprire in queste settimane sulla scia dell’ormai popolarissimo podcast, “Metanolo”. Ombre sbiadite e inascoltate da oltre trentasette anni, nelle quali ci siamo imbattuti nel rispolverare documenti e reperire fonti dirette: le vittime dello scandalo stesso.

Ma andiamo con ordine. Nella prima parte di questo lungo viaggio abbiamo sintetizzato le indagini di Alberto Nobili, della Procura di Milano, che in pochi convulsi mesi ricostruì la catena delle sofisticazioni.

Il processo di primo grado si concluse nel 1992, a distanza di sei anni dal verificarsi degli avvelenamenti. Portò a condanne dure per i colpevoli:  Ciravegna, Giovanni e Daniele, i viticoltori pugliesi e emiliani e i trasportatori del metanolo stesso. La condanna per Giovanni Ciravegna, riconosciuto quale principale organizzatore di tutto lo schema criminale, fu per omicidio colposo a 16 anni di detenzione.

Tutti gli accusati scelsero di aderire al rito abbreviato. Questo istituto, che era da poco entrato in vigore, consente agli imputati di accedere alla decurtazione di un terzo delle pene, comminate in un processo cosiddetto ordinario.

Altra particolarità fu la grande mole di parti civili costituite. Accanto ad alcune delle vittime del metanolo erano presenti: per la prima volta in Italia, un’associazione dei consumatori; le Regioni Piemonte e Emilia Romagna; il Ministero delle Agricolture e Foreste e quello del Tesoro; il comune di Narzole (in cui aveva sede legale l’azienda dei Ciravegna) e, infine, la Camera di Commercio e la Provincia di Cuneo.

I colpevoli furono altresì condannati a risarcimenti in favore delle vittime e degli enti costituiti. Purtroppo però, nel corso degli anni si erano tutti resi nullatenenti e, incredibilmente, non era mai stato disposto alcun sequestro conservativo nei confronti dei loro beni (Per dati ancora più analitici sulle condanne sia detentive sia pecuniarie e per il racconto degli ulteriori due gradi di giudizio, si rimanda, ancora una volta, a Metanolo).

Nessuno, quindi, ha mai risarcito le vere vittime di questa strage. L’indignazione popolare fu cocente, anche se negli anni trascorsi tra gli avvenimenti e la conclusione dei tre gradi di giudizio, l’opinione pubblica aveva quasi rimosso la questione.

La testimonianza di Roberto Ferlicca, Comitato Vittime Vino al Metanolo

copertina Terrorismo AcidoTerrorismo Acido, l’autobiografia di Roberto Ferlicca: tra metanolo e Brigate Rosse

C’è però un uomo che da quasi quarant’anni non dimentica, né potrebbe mai farlo. Il suo nome è Roberto Ferlicca.

Attore e scrittore, Ferlicca ha ripubblicato di recente la sua autobiografia, Terrorismo Acido (ristampato nel 2021 da Il Convivio Editore). Nel volume, si racconta l’incredibile storia della sua famiglia che agli inizi degli anni ’80 fu coinvolta in due eventi epocali: nella strage del vino al metanolo, ovviamente, ma anche nell’attività delle Brigate Rosse. Angelo, terzo dei quattro figli dei coniugi Ferlicca, era membro attivo della colonna Walter Alasia.  Abbiamo contattato Roberto Ferlicca per chiedergli di sua madre, Valeria Zardini, e delle lotte che continua a condurre in favore delle vittime del metanolo.

Questa vicenda mi tocca in modo personale  per il drammatico coinvolgimento di mia madre Valeria Zardini che per il metanolo  perse completamente la vista all’età di 60 anni. Era vino al metanolo, acquistato nei supermercati, fra comuni scaffali dove le bottiglie erano alla portata di qualsiasi cittadino. In una notte apparentemente normale del marzo 1986, mia madre fu ricoverata d’urgenza all’ospedale Sacco di Milano. Vi arrivò in gravissime condizioni fisiche: vomito, crampi allo stomaco, sul punto di perdere conoscenza. Accertato l’avvelenamento, il vino al metanolo divenne all’improvviso un grave fatto di cronaca: presto furono riconosciute numerose altre vittime.

Passano sei anni prima dell’inizio del processo. I criminali sono già individuati. Ma il lungo periodo trascorso tra le indagini e la fine del processo, senz’altro manipolato da personaggi opachi, ha permesso loro di libarsi di tutti i loro beni. Nonostante le condanne e i risarcimenti in denaro riconosciuti, nessuna vittima è stata risarcita. Lo Stato italiano ha stanziato parecchi miliardi per risanare l’immagine del vino. Per le vittime solo cordoglio e commiserazione. Una grande ma non unica vergogna italiana.

 

Gli chiediamo quando è iniziata la sua attività in favore delle vittime:

Con la collaborazione dell’allora Movimento Consumatori e dell’avvocato Paolo Martinello, il 13 maggio 1993 istituii il Comitato Vittime Vino al Metanolo che rappresento ancora. La battaglia per i risarcimenti mi vede in prima linea da sempre. Mi sono rivolto a tutti i governi che si sono succeduti nel tempo. Solo l’onorevole Ermete Realacci ha sostenuto la nostra causa in Parlamento, purtroppo senza ottenere risultati concreti. Anche l’invito che ho ricevuto da Palazzo Chigi dal governo Prodi si è solo rivelato una semplice chiacchierata informativa, quasi come se nessuno sapesse nulla. La tragedia della nostra famiglia mi ha fatto conoscere molte altre storie, perfino più drammatiche. Nonostante una minima pensione d’invalidità assegnata  ai sopravvissuti, molti conobbero la povertà a causa l’improvvisa  e totale cecità.”

 

Si ha l’impressione che nessuno abbia mai fatto nulla per le vittime. Ferlicca vuole precisare:

Grazie ai miei interventi televisivi, e in particolare ad una puntata di Mi manda Rai 3 di molti anni fa, mi contattò una benefattrice di Como che ha elargito soldi, mobilio e abiti a una vedova del metanolo. La signora viveva  con i figli in un casolare di montagna, in assoluta povertà. Questa benefattrice era una donna molto agiata, figlia di un uomo diventato non vedente in vecchiaia. Il padre nelle sue disposizioni testamentarie aveva espressamente richiesto che parte dei suoi beni fossero destinati a sostenere chi avesse problemi alla vista. Dopo il mio intervento televisivo, la benefattrice mi rintracciò. Ritenni di segnalarle questo caso così critico e lei aderì senza risparmiarsi, chiedendo di rimanere anonima se non per me  e per le persone che aiutò cosi spontaneamente e generosamente. Devo dire che, in tanti anni, le più sincere e fattive risposte sono venute dalla solidarietà delle persone comuni e non dalla giustizia né tantomeno dallo Stato.

 

Molti a questo punto si sarebbero scoraggiati. Non il figlio di Valeria Zardini:

Io voglio continuare nel mio lavoro. Ancora oggi , come presidente del Comitato, ho inviato una richiesta di risarcimento danni all’attuale governo.  Per ora, non ho ricevuto alcuna risposta. E dubito che ne avrò mai di positive. Eppure tutto questo continua ad avere un senso per me: quello di far ricordare questa strage. Per questo, sono molto felice del seminario che terrò a breve e per la seconda volta presso la sede di  Collegno dell’Università di Torino. Un incontro con studenti del primo anno in tema di sicurezza alimentare: perché una storia simile non debba mai ripetersi.

Le trasmissioni dedicate alla strage del vino al metanolo

Queste parole di Roberto, così asciutte ma vibranti, non possono lasciare indifferenti. O non dovrebbero farlo. Per ora, l’Italia pare avere del tutto dimenticato quelle “ombre”. Chiaramente, adesso  quasi tutte le vittime, pur se sopravvissute all’intossicazione, sono purtroppo venute a mancare, senza mai avere un riscontro né almeno la sensazione di essere state tutelate.

Anche la stampa sembra non avere più alcun interesse a raccontare questa storia: negli anni solo una manciata di trasmissioni televisive e articoli sono stati dedicati a questa ferita mai rimarginata.

Consigliamo la visione di: Ossi di Seppia, programma monografico di Rai 1; di una vecchia puntata del 2009 di Mi manda Rai 3, all’epoca condotto da Andrea Vianello che causò anche un’interrogazione parlamentare (la stessa menzionata più sopra) e di un servizio, realizzato dalla Tv pubblica Svizzera che contiene un’agghiacciante intervista a Giovanni Ciravegna.

In questa trasmissione Ciravegna, oramai scarcerato per aver scontato la sua pena, ampiamente decurtata per condoni e buona condotta carceraria, dichiara di essere lui una vittima dello scandalo al metanolo. C’è di più: Ciravegna afferma di non dovere alcunché alle persone che patirono conseguenze fisiche gravissime per le sue azioni. Infine, con enorme candore, riferisce di essere tornato attivo nel mondo della produzione vinicola. Sono anni che la mente dello scandalo del vino al metanolo non è più tra noi, eppure queste aberranti parole ancora causano indignazione. Ma ci sono parole e voci più forti e degne: quelle delle ombre del vino al metanolo che Roberto Ferlicca non ha mai lasciato sole, nel ricordo della sua amata mamma Valeria.