Vino: Winelivery si fa pubblicità con un’orgia, ma vi prego non vedeteci la “donna oggetto”

Winelivery, app di vino a domicilio, porta in tv il miglior modo di attendere una consegna: un'orgia. O meglio, un ménage à trois. E fatichiamo a capire perché le donne debbano sentirsi oggetti.

Vino: Winelivery si fa pubblicità con un’orgia, ma vi prego non vedeteci la “donna oggetto”

Abbiamo davvero visto ingannare l’attesa di una consegna di vino con un’orgia? Sì, lo abbiamo visto, e lo abbiamo perfino visto in televisione.  La nuova pubblicità di Winelivery, app per la consegna a domicilio di alcolici, promuove la velocità del servizio (30 minuti dal momento dell’ordine) spiegando cosa si può fare nel frattempo: un po’ di sesso, per esempio. Magari in tre.

La pubblicità è andata in onda per la prima volta il 28 febbraio, e da allora è perfettamente riuscita nel suo intento: far parlare di sé.

Perfino noi, che malvolentieri ci prestiamo al gioco di cascare nelle pubblicità fintoscandalizzanti create ad arte per scandalizzare quelli che si fintoscandalizzano per mestiere, ci troviamo costretti a intervenire sul tema. E non tanto perché siamo sconvolti da questo omaggio pubblicitario ad Arancia Meccanica (di quello, semmai, potrebbe scandalizzarsi Stanley Kubrick, se fosse ancora vivo, ma ahinoi così non è). Quanto perché sulla questione continuiamo a sentire un bel po’ di sciocchezze.

A partire dal fatto che quella non è esattamente un’orgia: quando si è in tre, generalmente si parla di threesome.

Cosa è e cosa non è lo spot di Winelivery

A noi, lo spot di Winelivery, ha fatto tutto sommato sorridere. È irriverente? Certo che lo è, volutamente. È volgare? Ma certo che no: l’intera scena di sesso (e ci mancherebbe) è coperta dal telefonino in primo piano, e non c’è manco una singola inquadratura che faccia titolare qualche giornale scandalistico “incidente hot per l’attrice dello spot di Wineliery: è uscita di seno”.

È maschilista? Men che meno: non ci vediamo nessun messaggio di questo tipo, e qualcuno – come abbiamo già ampiamente argomentato – ci dovrebbe spiegare perché si scomoda il “maschilismo” così facilmente e frequentemente, rendendo talvolta difficile distinguere le battaglie serie dalle chiacchiere da bar.

In ultimo: lo spot di Winelivery è sfruttamento del corpo della donna? Ma manco per idea.
Eppure, non la pensiamo tutti così.

La segnalazione dell’Aiart

L’Aiart, Associazione Italiana Telespettatori, ha chiesto la sospensione dello spot e ha pubblicato sul proprio sito internet una nota del presidente Giovanni Baggio che spiega che questa campagna, oltre a non essere idonea alla fascia protetta, “mette in scena in maniera demenziale le relazioni umane; riduce la donna a oggetto sessuale e vìola i diritti dei minori”.

Punti di vista, per carità, ma espressi dal presidente (maschio) di un’associazione che rappresenta i telespettatori italiani che sta spiegando a noi (maschi e femmine) cos’è la “riduzione a oggetto sessuale di una donna”. Una meccanismo alquanto comune, viene da dire, e spesso – come sicuramente in questo caso – portato avanti anche in buona fede. Eppure, non sempre comprensibile.

Nello specifico, guardando lo spot di Winelivery sotto accusa, fatichiamo a vederci un qualunque tipo di mercificazione del corpo femminile. Non c’è una singola scena di nudo nella pubblicità e la donna ha esattamente lo stesso ruolo dell’uomo, se non per il fatto di essere in superiorità numerica.

Perché ecco, il pregiudizio è proprio questo. Pensare che due donne non possano partecipare a un terzetto in maniera consenziente e che se lo fanno siano oggetto dello sfruttamento dell’uomo che coordina il tutto è – questo sì – un tantino maschilista.

Le donne, varrebbe la pena ribadirlo, fanno sesso, e spesso amano farlo. Motivo per cui, se parliamo di mettere in scena “in maniera demenziale le relazioni umane”, forse ci vengono in mente ben altre pubblicità, perché alla fine, a conti fatti, ci sembra più verosimile un threesome che una famiglia felice e perfetta che ogni santa sera che Dio porta su questa Terra si siede intorno a un tavolo ridendo e scherzando.

Sui diritti dei minori non ci esprimiamo: ogni bambino ha una sensibilità e un’educazione diversa ma – di nuovo – non ci sembra che lo spot mostri più di quello che si vede in tanti programmi di prima serata. Ma a tal proposito, l’Aiart rilancia, spiegando che “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, a cui lo spot chiaramente si ispira nel 50° anniversario dell’uscita al cinema del film, è vietato ai minori di 18 anni. E qui ci limitiamo a dire che no, Arancia Meccanica era vietato ai minorenni quando uscì nel 1971 (CINQUANTA ANNI FA). Poi nel 1998 (vent’anni fa) il divieto viene abbassato a 14 anni e oggi il capolavoro di Kubrick viene trasmesso serenamente dalle principali emittenti televisive, ovviamente con l’attenzione del caso ai minori, per cui il pericolo – in questo caso specifico – è più quello di incappare in qualche scena di ultraviolenza gratuita che nel siparietto del threesome al ritmo accelerato dell’ouverture del Guglielmo Tell di Giocchino Rossini.

Ma l’Aiart è convinta che questi pochi secondi bastino “a togliere ai nostri bambini e ragazzi  la libertà di crescere con dei valori nonché la libertà di scegliere in quali valori credere” (ulalà, ma non è che stiamo davvero esagerando?) e ne è convinto facendosi forza dei tanti “utenti che hanno  dichiarato il proprio sdegno”, presumiamo (anche a mezzo social). Ecco, se c’è una cosa che possiamo suggerire all’Aiart, è di non far troppo caso allo sdegno dei social, che oggi è per Winelivery e domani per l’eliminato di turno dal Grande Fratello.