Con Acquamara, l’acqua del mare filtrata, si realizza il sogno della pasta autarchica?

Cose che è necessario chiedere al blog e a tutto il cucuzzaro in questa oziosa festa della Repubblica. Se ne trova uno disposto a sostenere la tesi che l’acqua non è un ingrediente fondamentale per qualsivoglia piatto di pasta, spaghi ai frutti di mare, carbonare, amatriciane e via salivando? Specie dopo aver appreso dell’esistenza di Andy Inglis, impiegato 49enne che ispirato da una ricerca di scienze della figlia, si è messo a raccogliere, filtrare, imbottigliare e vendere a quasi 2 euro al litro Acquamara, l’acqua dell’isola di Berneray, nelle Ebridi.

E che oggi, trasformata la pensata in un affare, si rivende Acquamara come l’illuminante nonsoche che perfeziona le pastasciutte perché… beh perché: “sa di mare”. Rivolgendosi tra l’altro proprio a quelli come voi, “gli chef che si alzano alle 5 del mattino per comprare gli ingredienti migliori”. Per darsi un tono, Inglis cita esempi di gran moda, tipo la pasta agli scampi cotti in acqua di mare che si occhieggia dal menù del Noma di Copenaghen, miglior ristorante al mondo per la classifica World’s 50 Best di San Pellegrino, o lo chef Tom Kitchin (stella Michelin scozzese), che ritiene Acquamara una salutare alternativa al sale.

Ora, gente come me, in completa fissa per la pasta, non può che prendere la cosa seriamente.

Spiego meglio. La mia piattaforma programmatica consiste nell’adorazione del punto di cottura praticato dal ristorante Arcangelo di Roma, più vicino al “chiodo” (fa sentire meglio il grano della pasta), che al successivo “dente”. Recente è la conversione alla “cottura passiva”, la rivoluzione della pasta condotta dallo chef Elio Sironi.

La pasta deve cuocere solo due minuti – a partire dal bollore, ovvero dopo che l’acqua ha ripreso a bollire in seguito al versamento della pasta – sul fuoco acceso. Poi dobbiamo spegnere il fornello e coprire la pentola con il coperchio: in questo modo la pasta continua la cottura passivamente fino al termine dei minuti previsti. Esempio, se delle linguine devono cuocere 11 minuti, vorrà dire che cuoceranno 2 minuti a fuoco acceso e i restanti 9 minuti a fuoco spento e coperte.

Ora, vi chiedo di immaginare una manciata di Spaghettoni Cavalieri, giustamente celebrati per il rilascio di amido in dosi elefantiache – quasi una salsa a sé stante – cotti 1) di “cottura passiva”, 2) al “chiodo”, 3) in Acquamara. Secondo voi realizzo l’antico sogno della “pasta autarchica”, della pasta cioè, che non ha bisogno di condimenti per essere definitiva?

[Fonti: Corriere, Libero, immagine: Flickr/a.rud.beth]