Convincere l’umanità a fare la marmellata d’arance come la vostra è tempo sprecato. Tutto il resto è jam

Il profumo di primavera fuori, gli aranci che stanno per dare i loro ultimi frutti, i barattoli dell’anno prima che tra colazioni e crostate stanno finendo. Ecco tre richiami che ogni anno, tra marzo e aprile, mi conducono al momento sacro della marmellata d’arance. La preparazione della marmellata d’arance divide il mondo in tanti spicchi, perché ricetta unica non c’è. Non vi mettete a discutere, non cercate di convincere o convertire un altro al vostro metodo: dalla scelta delle arance, al vasetto e la sua conservazione, sarà una strada tortuosa e aspra.

Io utilizzo la ricetta della mia mentore napoletana, Rosetta e ringrazio per non aver dovuto scegliere tra le milioni di migliaia di ricette che ci sono online.

L’IMPORTANTE È LA PARTENZA: LE ARANCE.
Chi le sbuccia e taglia a julienne la buccia (senza bianco, non sia mai!). Chi le bucherella come uno scolapasta. Chi le annega nell’acqua vestite (di buccia), chi con la sola biancheria intima (il bianco), chi ignude (senza buccia). Chi cambia l’acqua ogni giorno, chi conserva l’acqua come liquido prezioso e sacro.
Io: prendo 2 kg di arance (1 kg amare e 1 Kg navel non trattate), le taglio complete di buccia a fettine sottili, tolgo accuratamente i semini che conservo in acqua, a parte, come produttori autonomi di pectina. Tengo in ammollo le fettine in 2 litri d’acqua per non meno di 24 ore e non più di 48.

LA RISSA ZUCCHERINA.
Mettetevi i guantoni. Nessuno è d’accordo con nessun altro. I salutisti messi di fronte alla realtà e cioè davanti alla montagna bianca zuccherina, riducono drasticamente le dosi, mangiati dai sensi di colpa. I rigorosi utilizzano la metà esatta del peso della frutta.
I menefreghisti, thò io sono tra quelli, utilizzano 800 gr di zucchero per kg compreso il peso dell’acqua. Io: 3200 gr di zucchero e passa la paura.

PECTINA? TZÈ.
I gastrofighetti da confettura non vogliono sentir parlare di quella che si acquista al supermercato. La pectina è solo quella autoprodotta, una fettina di mela va benissimo. Tranne nel caso della marmellata d’arance s’intende.
Io: metto in ammollo i semini, che auto producono la pectina necessaria.

CHI VA PIANO… LA COTTURA.
C’è chi cuoce tutto insieme e subito, chi prima acqua e arancia poi lo zucchero. Il partito dei più tempi: si fa cuocere per 30 minuti e si spegne. Poi si riaccendo, poi così per altre 2 tranche. C’ė chi cuoce all’infinito attendendo il miracolo della solidificazione. Prima bassa temperatura, poi alta. Che toglie la schiumina bianca, chi la lascia. Un dramma agro compulsivo.
Io: passate 24 ore, metto in una casseruola e faccio cuocere per circa 40 minuti solo le arance e la loro acqua, più l’acqua pectinosa dei semini. In seguito aggiungo lo zucchero e faccio cuocere per altri 40 minuti, fino alla famigerata prova del piattino. Dalla spatola si lascia cadere in un piattino un goccia di marmellata. Se la coraggiosa goccetta non scivolerà via subito come fosse acqua, allora la marmellata sarà pronta.

Aggiornamento: come suggerito dal lettore Daniele Liurni nei commenti, consiglio di sterilizzare i vasi in acqua bollente prima di riempirli e dopo, di immergerli nell’acqua a 100 gradi avvolti da un canovaccio per evitare che si spacchino.

ALCOL TEST E LA VARIANTE AL LIMONE.
Ci sono quelli che ubriacano le marmellate di rum o di whisky. Quelli che un bicchiere non ha mai fatto male a nessuno, figuriamoci alla marmellata. Poi c’è il partito degli acidi: mettono il limone perché così la frutta non ossida.
Io: non ubriaco e non aggiungo limone. La faccio pura.

IL VESTITO GIUSTO, IL CALORE, L’APPENDI VASETTO, I QUADRI E L’ETICHETTA.
Anche in questo caso usi e costumi si moltiplicano: il vasetto della nonna che vive negli anni, il vasetto universale con tappo d’oro comprato al supermercato, i vasetti orfani di coperchio chiusi con fantasia, il vasetto dei cetriolini, il divieto assoluto di riutilizzare i coperchi. A testa in giù con marmellata bollente o aperti fino a raffreddamento e poi chiusi. Etichetta stampata per i professionisti, a volte tovagliolino a quadri sopra al coperchio per abbellire.
Io: faccio faticosamente la conta dei vasetti e li riappacifico con i loro coperchi (anche riciclati sì), li metto in forno vuoti per 10 minuti a 60°. Pronta la marmellata tiro fuori i vasetti dal forno e la metto dentro ancora bollente provocandomi numerose ustioni. Chiudo subito con il coperchio. L’etichetta per me è scritta solo a mano e recita “Arance 2012”. Attaccarla dà una soddisfazione inaudita. Il momento è del tutto simile al riposo del guerriero.

Adesso dite la vostra, sono pronta a tutto.

[Crediti | Link: Dissapore, immagine: Atlantic Kitchen]