Cotechino o zampone? Storia, differenze e parenti insaccati di una tradizione emiliana fattasi pop

Dall'Emilia del cappello del prete e della salama da sugo ai supermercati di tutta Italia, che la relega (e la venera) nel giorno di Capodanno: su cotechino e zampone vigono leggende, disgusti e poca competenza. Cosa cambia tra l'uno e l'altro e quali sono i loro (meno famosi) parenti.

Cotechino o zampone? Storia, differenze e parenti insaccati di una tradizione emiliana fattasi pop

Sono nata in quella parte d’Italia in cui lo zampone si mangia non solo a Capodanno, ma anche a Natale, o meglio: tra Natale e l’Epifania si mangia due o tre volte, a tutti i pasti di famiglia di una certa importanza. Non è il mio piatto preferito, ma la repulsione che alcuni provano per la pietanza mi è sempre sembrata eccessiva. Forse vedere un’intera zampa di maiale con la pelle (so che si chiama cotenna, ma facciamo per capirci meglio) e le unghie intatte può destare sensazioni non precisamente piacevoli, ma, ammettiamolo: scandalizzarsi per una zampa di maiale e preferire un educato e meno straniante petto di pollo è un’ipocrisia.

La prima differenza è comunque questa: tra zampone e cotechino, il primo suscita più repulsione; per altri, invece, la vera differenza è che lo zampone è riservato ai giorni di festa, mentre il cotechino è un insaccato più ordinario. Dipende tutto dalle coordinate geografiche in cui sei nato.

Cotechino e zampone hanno un impasto simile, ottenuto per lo più dalle parti meno nobili del maiale, dal grasso e dalla cotenna. L’impasto viene salato e insaporito con varie spezie: chiodi di garofano, a volte cannella, vino, pepe (ogni macellaio ha il suo segreto, ovviamente). L’impasto del cotechino viene inserito nel budello, naturale o artificiale; quello dello zampone nella zampa anteriore del maiale, svuotata, in cui rimangono solo la cotenna e le unghie. Un’altra differenza, guardando all’impasto, è che lo zampone ha un ripieno macinato più grossolanamente.

Origini storiche di cotechino e zampone: tra leggenda e realtà documentata

cotechino con lenticchie

Una leggenda, tramandata dai consorzi di tutela, racconta che questi insaccati siano nati durante l’assedio di Mirandola del 1511 da parte della Lega Santa di papa Giulio II. Fu il celebre sapiente Pico della Mirandola, sempre secondo la leggenda, a trovare l’idea: piuttosto che lasciare i maiali ai nemici che savano vicnendo e presto sarebbero entrati in città, gli abitanti del luogo li macellarono tutti e conservarono le carni dentro le zampe svuotate e dentro le budella ripulite.

In realtà, le prime attestazioni di cotechini e zamponi preparati e commercializzati risalgono a molto più tardi, intorno al 1700, sia in un calmiere dei prezzi, sia in un componimento del poeta modenese Tigrinto Bistonio. È però assai probabile che si tratti di una tradizione più antica; il consumo durante le feste natalizie coincide anche con il fatto che questi sono insaccati freschi, cioè non stagionati a lungo: dato che il maiale veniva macellato ai primi di novembre, a Natale queste carni avevano meno di due mesi.

Come si cuociono cotechino e zampone: versioni precotte e fresche

Cotechino e zampone si possono acquistare precotti: ce ne sono di molte marche e, al supermercato, sotto Natale, vengono praticamente tutti scontati. Con una cifra ragionevole, di solito tra i 5 e i 10 euro, si porta a casa un prodotto già cotto, che va solo riscaldato immergendo il sacchetto di alluminio in cui è sigillato in acqua bollente. Quando si apre il sacchetto ne esce un insaccato perfettamente cotto e intatto, da servire così com’è.

Per chi è duro e puro esistono le versioni fresche da cuocere. Anche qui il cotechino è quello che dà meno problemi: di solito bastano due stuzzicadenti infilati alle estremità del budello per garantire lo sfiato, e lo si cuoce in acqua bollente per circa due ore.

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Più complicato lo zampone che, se acquistato fresco, va messo a bagno in acqua fredda per almeno mezz’ora, prima di avvolgerlo in un panno (nelle case emiliane il panno di lino per lo zampone si tramanda di generazione in generazione), stringerlo bene con lo spago e cuocerlo in acqua bollente, sempre per un paio d’ore o più, sperando che la cotenna non si rompa: cosa che renderebbe lo zampone meno bello da vedere e più annacquato nel sapore.

Come servire cotechino e zampone: tradizione e abbinamenti

Cotechino e zampone si servono a fette, ben caldi. Tradizionalmente, a Capodanno, si accompagnano alle lenticchie, che per tradizione sono portatrici di prosperità finanziaria. In realtà si possono servire in molti modi: con un purè di patate, con la polenta, con gli spinaci ripassati in padella o con i fagioli bianchi. Massimo Bottura, in una delle sue innumerevoli versioni di piatti a base di cotechino, lo ha servito con lo zabaione.

La cotenna dello zampone, ovviamente, si mangia ed è la parte che gli estimatori ritengono più goduriosa, assieme alle unghie, che sono un concentrato di cotenna e grasso (le unghie, ovviamente, si sputano). Nel cotechino il budello si scarta.

Insaccati regionali simili al cotechino: musetto, cappello del prete e sassolina

cotechino zampone cappello del prete

La tradizione degli insaccati da cotto, che va via via perdendosi, è tuttavia costellata di molte variazioni sul tema, che si differenziano per finezza delle carni, livello di stagionatura, e aromi impiegati. Sono quasi tutti prodotti del Nord Italia, anche se nel Lazio, soprattutto nei Castelli romani, si produce un cotechino locale. Eccone un elenco probabilmente non esaustivo; non si tratta di prodotti riservati alle festività, ma cibi invernali, che si consumavano come ricca fonte di grassi, proteine e calorie nei mesi successivi alla macellazione del maiale.

In Veneto non si mangia il cotechino ma il musetto, che, come dice il nome, viene fatto con le parti del muso del maiale. La grande presenza di cartilagine fa sì che il risultato sia, come si dice in dialetto veneziano, “petàisso”, ovvero parecchio appiccicoso dopo la cottura: ed è proprio qui che risiede tutta la sua bontà.

A Brescia e a Cremona si prepara il cotechino alla vaniglia, un insaccato più fine del cotechino, aromatizzato con la vaniglia.

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In Emilia si realizzano anche varianti locali come il cappello del prete, tipico di Parma e Piacenza: qui l’impasto di carne, soprattutto di spalla, viene inserito nella cotenna a cui viene data la forma di un tricorno.

A Sassuolo, a due passi da Maranello, si produce la sassolina: praticamente uno zampone avvolto in un foglio di cotenna senza unghie, di solito prelevata dalla gola o dalla pancia del maiale. Il risultato visivo è quello di un cotechino con la cotenna, ma senza zampa.

A Ferrara anche la salama da sugo, I.G.P., è un insaccato da cuocere, più stagionato dei cotechini e aromatizzato con il vino, che si cuoce per molte ore, appesa sopra a una pentola di acqua bollente fino a che la carne non diventa quasi una crema, e si serve con il purè di patate.