Cucina Italiana Patrimonio Unesco? Sapevamo che sarebbe finita così

Nuova puntata del dibattito tra destra e sinistra sul riconoscimento ottenuto dalla cucina italiana all'Unesco. Questa volta c'entra il kebab.

Cucina Italiana Patrimonio Unesco? Sapevamo che sarebbe finita così

Eccoci qui. Le premesse c’erano già tutte la settimana scorsa, quando è stato reso noto che la cucina italiana era diventata patrimonio dell’umanità. La destra ha illuminato il Colosseo col tricolore e ha continuato per giorni a dire che si trattava dell’unica cucina riconosciuta dall’Ente mondiale anche quando molti commentatori hanno cominciato a spiegare che non era né la sola né tantomeno la prima, e che la Francia e il Messico c’erano arrivate 15 anni fa, da quando il riconoscimento per l’enogastronomia è stato inserito nella lista dei patrimoni comuni.

La sinistra, dal canto suo, ha detto sostanzialmente: “Bello, ma abbiamo altri problemi: il cibo costa troppo e non abbiamo ancora fatto i conti col caporalato nell’agricoltura”.

La prevedibile appropriazione politica della Cucina Italiana Patrimonio Unesco

colosseo illuminato per la cucina italiana patrimonio dell'umanità

E avanti così, siamo arrivati alla sparata di questa settimana, con la premier Meloni che dice al convegno di chiusura di Atreju – la kermesse di Fratelli d’Italia che si tiene dal 1998 a Roma una volta all’anno- che la sinistra sta rosicando talmente tanto per la faccenda della cucina italiana patrimonio UNESCO che è una settimana che – cito testualmente – ” mangia al kebabbaro”.

Risposta pronta di Virginia Libero, capo dei giovani del Pd: “Ma se alcuni italiani il kebab non possono permetterselo?”.

La Cucina Italiana è patrimonio Unesco: cosa cambia ora? La Cucina Italiana è patrimonio Unesco: cosa cambia ora?

Non finirà mai, o meglio finirà solo quando smetteremo di dar loro retta in questo guazzabuglio medioevale di accuse fondate sempre sulle solite due idee in croce.

Ma secondo me la domanda più interessante da farsi è: “Come mai al kebabbaro?”; in fondo avrebbe potuto dire all’all you can eat o da McDonalds. E qui ci tocca nuovamente citare il buon Gaber, perché anche la nutrizione mordi e fuggi ha il suo colore politico e il kebabbaro, indubbiamente, è quello più di sinistra di tutti. Ci sono ovviamente le ragioni etnico-religiose che fanno del kebab un simbolo di accettazione della popolazione araba e musulmana. Potremmo quasi dire che il kebab è il nuovo panino con la mortazza della sinistra italiana, il cibo che gli champagne socialist hanno piacere di condividere con il proletariato.

Siamo sicuri che la Cucina Italiana sia la prima riconosciuta Patrimonio Unesco? Siamo sicuri che la Cucina Italiana sia la prima riconosciuta Patrimonio Unesco?

Tutte le altre cucine non hanno maturato questo forte carattere identitario con un ideale, e sono luoghi in cui incontrare destra e sinistra senza soluzione di continuità.

Peccato perché questa continua strumentalizzazione di prodotti di per sé neutrali radicalizza le posizioni di ognuno e non fa certo bene né al prodotto in sé né tantomeno al dibattito politico che assume un tono idiota (nel senso letterale di anti-politico eh, nessuno si offenda). Sono sicura che i commercianti di kebab in Italia non siano stati felici di vedersi accostare alla sinistra; statisticamente potrebbero perdere il 50% dei loro potenziali avventori, e marginalizzare ancora meno di quanto la crisi economica stia consentendo loro.

A proposito: ma voler fatturare non era di destra?