Galline in fuga – L’alba dei nugget ci illuminerà sugli allevamenti intensivi? Recensione di un film crudo

Altro che film per bambini: Galline in fuga l'alba dei nugget - appena uscito su Netflix - è una seria e cruda parabola sugli allevamenti intensivi e sulla ristorazione fast.

Galline in fuga – L’alba dei nugget ci illuminerà sugli allevamenti intensivi? Recensione di un film crudo

Nel 2000 uscì il primo Galline in fuga: galline in un allevamento gestito dalla cattivissima fattrice che ambiva a trasformare le pennute in pasticci casalinghi da vendere. Nel 2023, con Galline in fuga – L’alba dei nugget, le protagoniste sono nuovamente in trappola ma lo scopo culinario della “carceriera” è passato dal casalingo al fast food e all’allevamento intensivo. Mi preme specificarlo da subito: questo nuovo film d’animazione è per bambini, certo, ma ai quali dovremmo spiegare prima di cosa parla veramente… perché è tutto fuorché infantile e divertente. Potrebbe seriamente essere una parabola istruttiva sugli animali liberi e quelli allevati per il nostro cibo. Può davvero sensibilizzare sul consumo smisurato e poco etico di carne: argomento mai attuale quanto ora.

Tutto inizia con la figlioletta di Gaia, protagonista ribelle del primo film e fondatrice della comunità di galline completamente libere: la pulcina Molly non capisce che sta vivendo da animale libero, lei si sente al contrario in trappola e fugge, finendo nell’allevamento per fast food. Galline in fuga-l’alba dei nugget alterna momenti comici all’inglese all’avventura rocambolesca, ma le scene all’interno dell’allevamento “Fun Land Farms” sono da brivido. Ecco, a mio parere, perché guardare seriamente questa novità su Netflix.

L’allevamento intensivo come il Paese dei Balocchi di Pinocchio

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Se la comunità delle galline libere sull’isoletta isolata dal resto del mondo è paragonabile alla foresta di Sherwood dei fuorilegge in Robin Hood, la Fun Land Farms tutta colori e divertimenti è decisamente un richiamo al Paese dei Balocchi di Pinocchio. C’è persino la figura di Lucignolo, rappresentata da una gallina un po’ svampita che non solo convince Molly (= Pinocchio) che l’allevamento sia meraviglioso ma riesce anche a farsi seguire. E la magia, ben presto, diventa un incubo di cui solamente la sveglia Molly si rende conto – e al quale resiste.

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Le galline nell’allevamento sono tutte uguali e grassocce, un chiaro riferimento al fatto che la taglia di una gallina ruspante è assai inferiore di quella in allevamento a parità di età. Questo perché nella Fun Land Farms le galline si assopiscono piano piano, a causa di un collare numerato che le lobotomizza ma anche a causa delle enormi quantità di cibo che hanno a disposizione.

Quando una gallina è davvero libera?

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Questa riflessione è automatica, guardando il film. L’allevamento Fun Land Farms – che concede alle galline solamente una libertà finta che precede il macello – è presentato da un logo tutto colori e sorrisi e natura, piazzato sulle fiancate di furgoncini. Per me è un po’ come la dicitura “uova da galline allevate a terra e all’aperto” messa in mezzo al cartone green dei contenitori che acquistiamo al supermercato. Quella dicitura non serve a tutelare le galline ma serve a convincere noi consumatori del fatto che stiamo acquistando un alimento che non deriva da sofferenza bensì da libertà.

“Ho mangiato troppa carne”, di Lorenzo Biagiarelli: un lucido manifesto alla Harari “Ho mangiato troppa carne”, di Lorenzo Biagiarelli: un lucido manifesto alla Harari

Nel libro “Ho mangiato troppa carne” di Lorenzo Biagiarelli, l’autore cita un fatto che avevo avuto già modo di approfondire: le galline possono avere spazio a disposizione per ruzzolare, ma se crescono sempre in gabbia, a orari scanditi dall’industria, e nessun esemplare fornisce loro l’esempio di come ruzzolare, queste in gabbia rimangono. Ciò che voglio dire è che nemmeno le “galline a terra e all’aperto” (come quelle nel film, in paesaggio naturale di plastica dove anche il sole è finto), quindi non in gabbia h24, sono libere e felici di farci le uova e di darci la propria carne: sono come Brooks in Le Ali della Libertà.

All you can eat come specchietto per le (g)allodole

Dicevo, poc’anzi, che nell’allevamento finto-happy allegrissimo le galline hanno cibo a volontà: sono entusiaste per i dispenser “all you can eat”, che le farcisce e prepara alla pastella ma loro sono sazie e si sentono addirittura privilegiate di cotanta abbondanza. Ricorda qualcosa? I nostri all you can eat: prezzo bassissimo e copiosità che ci attrae e ci rende dipendenti, senza farci pensare troppo alle conseguenze (alla lunga).

Una gallina felice è una gallina gustosa

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Quando il rappresentante della catena di ristoranti “Sir Mangia Tanto” (Mr eat-a-lot in inglese) si reca all’allevamento super tecnologico e scientifico, assiste alla presentazione video che spiega il metodo innovativo. La scienza e la neurologia comportamentale hanno portato a una conclusione: le galline normali sono paurose, e durante il processo di lavorazione si spaventano e irrigidiscono i muscoli formando “nodi nei tessuti connettivi”. Questi portano poi a una “carne stoppacciosa, secca e insapore”. Grazie all’uso di un collare speciale, invece, le galline restano felici e immuni alla paura, alienate, “felici di essere lavorate”. Perché “una gallina felice è una gallina gustosa”.

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Anche questo è un dato di fatto su cui spesso cercano di far leva gli attivisti, per far capire che oltre a trattare le bestie in maniera abominevole ci mangiamo anche una carne letteralmente rigida di paura. Ma la soluzione non è lobotomizzare le mucche/i maiali/le galline e renderli apatici e insensibili alla paura. La soluzione (utopistica) sarebbe ovviamente lasciarli felici e in una vita naturale.

La ristorazione che va a rilento e diventa fast

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La perfida direttrice della fabbrica di nugget in cestello spiega il suo piano, la sua visione di take away: “in tutte le città, in tutte le strade, la gente va di corsa. Persone moderne in un mondo moderno che vogliono cibo e lo vogliono in fretta… e noi gli diamo i nugget direttamente nel cestello”. Un happy meal che non ti fa perdere tempo e ti fa sentire felice. Eh già. Ultima mazzata sul concetto? Chiedendo al rappresentante come stia andando il settore della ristorazione, lui risponde amareggiato che “il settore va un po’ a rilento”. Se non è questo un realistico spaccato sul cibo odierno, nulla lo sarà mai.