Gastrofighetto 2 (il percorso di redenzione)

Una settimana di schermaglie sul gastrofighettismo non è bastata, 101 neanche. La grandinata di commenti e il livello dei dettagli (chi si aspettava una discussione sulle scarpe?) lasciano pochi dubbi: il tema è caldo. Non è stato detto tutto, per esempio, il percorso storico del gastrofighetto –dalle origini al successo– non è stato ricostruito, o pensavate che fosse nato già con le New Balance e l’iPhone?

Secondo una scuola di pensiero, la mia, il gastrofighetto è uno spin-off del sommelier (deriva da lui, ecco). Sì, proprio il salamesco uomo in nero col piattino appeso al collo cui toccavano in sorte vini inimmaginabili per noi profani tipo Chateau Margaux (ooohhhpoveri), e che li descriveva usando espressioni psicotrope vedi: “croccante” (?) “ematico” (??) “florealità cimiteriale” (???), anche se il mio descrittore preferito resta “sentori di sasso bagnato”, perché si potrebbe discutere a lungo sul bagnato, bagnato da cosa: acqua dolce o marina? E che tipo di sasso? Non è mica quello che ancora bimbetti facevamo saltare sull’acqua con apposito lancio e gioco di polso finale?

Uscendo dal mondo del vino, e tornando a noi gourmet (espressione che la pubblicità ha ormai definitivamente spostato nel mondo felino) non individuo un preciso momento storico per la nascita del gastrofighettismo, se non forse l’apparizione di Mr. Creosoto nel film Il Senso Della Vita dei Monty Python, date un’occhiata qui se non lo ricordate. Francamente, non ho più visto rigettare in quel modo (non spaventatevi, è solo minestrone surgelato).

Il percorso di crescita del gastrofighetto coincide con l’affermazione di Internet, veicolo insostituibile di conoscenza. Newsgroup, forum, blog e social network hanno riempito le nostre Moleskine (le agendine del GF, non il Grande Fratello, sciocchini) di luoghi, percorsi, indirizzi, prodotti, e solo dopo, capìta l’antifona, è arrivata la televisione con i millemila format sulla cucina, più o meno riusciti, più o meno idioti.

Domanda: ma al di fuori di scarpe e sciarpe, fuà grà e stappo perfetto, comici descrittori del gusto come “sentori di criceto in gabbia” o “effluvi di calzini sporchi”, il gastrofighetto si è davvero evoluto? Capisce il vino? Ha imparato a cucinare? Approfitta del crescente interesse generale per divulgare la cultura enogastronomica?

Per le risposte non esiste platea più qualificata di voi, lettori di Dissapore, per cui ditemi: sentite di aver fatto progressi da quando siete appassionati di vino&cucina? Il vostro gusto è cambiato? Avete mangiato cose che neanche immaginavate? Vi siete iscritti a corsi di cucina o siete diventati sommelier? Sapete cucinare meglio?

Insomma, avete iniziato un percorso di redenzione dal gastrofighettismo?