Mi piace avere gente per casa la domenica a mezzogiorno. Si arriva al pranzo rilassati, a luce piena: si può tirare lungo, senza il timore di impiombarsi tra le braccia di Morfeo con il rumine in funzione; si può terminare la giornata con una salvifica passeggiata sull’erta di Cà del Vento, tra calabroni e gessi messiniani, o magari sudar via un paio di camicie attorno al tavolo da tennis-tavolo. Mi piace preparare qualche piatto a seconda dell’umore, della stagione e del colore del cielo, dell’amico che mi siederà di fianco o delle idiosincrasie alimentari della sua compagna; mi piace trafficare per i PEU (Piccoli Esseri Umani) con qualcosa di semplice ma possibilmente non banale; mi piace piazzarmi in posa meditativa davanti alle (sempre troppo piccole) rastrelliere in cantina per cavarne quelle due o tre bottiglie. E il convivio diventa un luogo a parte, dove i cuori si avvicinano più dei cervelli, i sorrisi si allargano e gli occhi diventano liquidi.
Quel celebre detto “mi casa es su casa” è il perfetto epigramma che scriverei sull’architrave della mia porta, se ne avessi uno. Senza tracimare di offerte che affoghino l’ospite, senza tirar fuori il servizio bello o aprire la stanza della festa. Ma per condividere quella gaiezza contagiosa che si coagula attorno a una tavola, a un bicchiere.
Mi piace anche quando qualcuno mi invita: è sempre il modo più piacevole per entrare in un mondo nuovo, per vedere – e imparare – nuovi universi, nuovi punti di vista. D’istinto, per come mi avvicino io all’evento quando tocca a me, mi verrebbe voglia di presentarmi a mani scosse: mi piace quando gli amici che suonano alla porta di casa non portano nulla “per presentino”. E’ un gesto di fiducia completa che sfiora l’abbandono: eccomi, sono nelle tue mani. Preferisco le mani aperte, vuote e libere per un abbraccio entusiasta piuttosto che quelle bottiglie scelte un po’ a caso, quel dolcetto fatto in fretta che mi sanno di regali riciclati a Natale. Invece: il massimo godimento sarebbe sentirmi dire Sono venuto a mani vuote parchè tanto so che ci pensi tu. Quale più grande atto d’amicizia?
Trovarsi per condividere il momento catartico del mangiare non è l’esame in cui viene messa sotto giudizio l’aderenza al modello perfetto della Famigliola: non interessa. Interessa sapere se possiamo sentirci desiderati & considerati, oppure se dobbiamo restare seduti tutto il tempo sulle puntine da disegno perchè c’è la tappezzeria nuova o i bicchieri “sposadòr”.
Poi c’è l’abisso dei pranzi “ognuno porta qualcosa”, ma di questo parleremo un’altra volta.
Immagine: Daniele Sepe
far bene un pranzo “ognuno porta qualcosa” comporta amicizia, competenza, lavoro, progettazione, anni di preparazione. impègnati.
Mi son persa gli aggiornamenti precedenti..,però potresti segnarti sul quadernino una gita quassù, sul terrazzo tra gatti curiosi, piante varie e svariatamente fiorite, 5 o 6 amici (di più non ci si sta:bisogna chiedere condono edilizio per “allargare”la sucitata terrazza..)e qualcosetta da sgranocchiare in allegria…
In attesa del caldo offresi camera con vista su bosco in fioritura: graditi i PEU, i mici sono abituati..
Emozionale, musicale…bellissimo post.
Buona domenica!:-)
che meraviglia dedicarsi al preparare il pranzo per gli ospiti… che gioia mangiare in compagnia, quella giusta…
io pero’ da ospite non mi presento mai a mani vuote! un fiore per il padrone di casa, un dolce che ho scelto con cura e preparato con impegno epr non sfigurare, anzi…
no al pranzo ogunno porti qualcosa…io odio il tiramisù coi pavesini!?!?!?
dimenticavo: giusto ieri sera avevo due faraone al cartoccio farcite di salsiccia, arancia e torrone al cioccolato; gli ospiti mi hanno portato un trinciante. perfetto contributo. ma niente si improvvisa 😉
Come mi trovi d’accordo sulla “cosina” da portare”!! Quanta poca cura spesso dietro a un frettoloso presente. Mi ricordo negli anni ’60 la nostra casa sempre piena di invitati, (mamma era una cuoca d’eccezione ) e il bon ton , che allora si chiamava galateo, indicava come comportamento corretto inviare il giorno SEGUENTE il pranzo fiori o piante per ringraziare dell’ospitalità…….Erano regole , facili , semplici , di buon senso
i pranzi dove ognuo porta qualcosa sono divertentissimi…
una volta portammo tutti solo dolci…dalla nostra poca fantasia è uscito un pranzo particolare!!!
per quanto riguarda la “cosina” da portare…la trovo una cosa di buona educaione…una cosa per dire:”grazie,almeno stavolta tocca a te pulire la casa!!!”
che bello essere serviti infatti, non dover fare i piatti e magari ci scappa un BUON pasto…come si fa a presentarsi a mani vuote con in testa questi pensieri…
che meraviglia dedicarsi al preparare il pranzo per gli ospiti… che gioia mangiare in compagnia, quella giusta…
io pero’ da ospite non mi presento mai a mani vuote! un fiore per il padrone di casa, un dolce che ho scelto con cura e preparato con impegno epr non sfigurare, anzi…
no al pranzo ogunno porti qualcosa…io odio il tiramisù coi pavesini!?!?!?
Bello questo bipolarismo. Domenica ne ri-palliamo.
PS.: ho appena ricevuto un invito a nozze “ognuno porta qualcosa”.