Sapere cos’è l’harissa per innamorarsene come ha fatto l’Unesco

L'harissa è stata inserita nella lista del patrimonio immateriale Unesco: origine, ingredienti e utilizzi del più famoso condimento della Tunisia.

Sapere cos’è l’harissa per innamorarsene come ha fatto l’Unesco

Il 1 dicembre l’Unesco non ha indicato all’interno della lista del patrimonio intangibile solo la baguette, come hanno riportato la maggior parte dei media, ma anche molte altre specialità gastronomiche. Tra queste c’è l’harissa, una salsa di cui gli appassionati di cucina internazionale (per favore, riconsiderate il vostro uso della parola “etnico”) sanno già parecchio, ma che grazie a Unesco potrebbe guadagnarsi un’attenzione ancora più grande.

Ma non è tanto il prodotto ad essere al centro della nomina, quanto l’insieme di tecniche, competenze e pratiche culinarie e sociali che intorno ad esso ruotano, a simboleggiare che l’harissa non è solo una materia prima edibile, ma la sintesi di un processo relazionale che si concretizza con il cibo. Non solo: nello specifico è l’harissa tunisina ad essere tutelata. Questo accade nonostante l’uso e il consumo siano diffusi anche in altri paesi dell’Africa del Nord, come Libia, Marocco e Algeria.

Cos’è l’harissa

Harissa

Spiega Unesco che l’harissa è un condimento a base di peperoncino, che si prepara facendo essiccare i peperoncini al sole, dividendoli, eliminando il picciolo e diserbandoli. I peperoncini vengono poi lavati, macinati e conditi con sale, aglio e coriandolo utilizzando un pestello e un mortaio o un tritacarne manuale. Si tratta di una pasta che ricorda per colore e consistenza il concentrato di pomodoro, che viene arricchita dall’utilizzo di spezie come coriandolo e cumino, addizionata di sale, aglio, olio ed erbe. Per via della sua consistenza, viene conservata e venduta in barattoli di vetro o di ceramica e poi aggiunta all’occorrenza alle pietanze. A seconda delle zone della Tunisia possono cambiare anche le ricette e gli ingredienti della salsa da pestare: cambiano i peperoncini utilizzati, cambiano anche gli aromi, che in alcuni casi si tingono di note affumicate. In commercio si trova anche la versione in polvere.

L’utilizzo dell’harissa in Tunisia

Harissa

Dal punto di vista culturale le implicazioni menzionate da Unesco sono importanti: “Le conoscenze e le competenze relative alla coltivazione del peperoncino vengono trasmesse all’interno delle comunità di agricoltori o attraverso scuole e istituti di agronomia. L’harissa è parte integrante delle disposizioni domestiche e delle tradizioni culinarie e alimentari quotidiane della società tunisina. Di solito viene preparata dalle donne in un contesto familiare o di vicinato conviviale e festoso. La coltivazione del peperoncino segue un calendario agrario che vieta la semina in determinati periodi, considerati sfortunati” troviamo scritto nella spiegazione alla nomina.

L’origine della salsa harissa

Harissa

Ma se la usano ovunque, perché premiare solo l’harissa tunisina? È vero che il nome Harissa deriva dal verbo arabo harasa, che significa “pestare” o “fare a pezzi”, ma secondo alcune fonti la creazione dell’harissa va rintracciata proprio in Tunisia, per estendersi poi ai paesi confinanti. In Tunisia è un vero e proprio condimento a carattere nazionale: viene infatti consumato ogni giorno, per qualsiasi tipo di pasto. Ma dalla Tunisia al resto del mondo il passo è stato abbastanza veloce: oggi l’harissa viene utilizzata anche al di fuori dei territori d’origine, nei ristoranti mediorientali di tutto il mondo per accompagnare e condire i piatti. Si tratta infatti di una pasta molto versatile, da utilizzare nelle quantità preferite, per condire cous cous, piatti di verdure, carni, ma anche formaggi e pesce, da marinare, rosolare, friggere e stufare.

La fama dell’harissa

Harissa

Negli ultimi anni, anche grazie a cuochi internazionali come Yotam Ottolenghi e Nigella Lawson la fama dell’harissa è cresciuta in modo esponenziale. E accanto ad essa, anche quella dell’harissa alla rosa, che Ottolenghi cita tra le migliori salse da utilizzare nel suo libro “Simple”, dove per quest’ultima si intende la salsa harissa addizionata di petali di rosa essiccati e acqua di rosa, a testimonianza che l’utilizzo e la composizione del condimento in cucina possono essere molto variegati. Ottolenghi la usa (qui otto ricette raccolte dal suo campionario) anche per condire pappardelle e marinare le carote, mentre la BBC ha dedicato un capitolo specifico alle ricette che la coinvolgono (le trovi qui) e in Italia McDonald ha chiamato il cantante Ghali per lanciare una salsa piccante, simile all’harissa, da servire nei suoi negozi. Ma questa è un’altra storia e merita un capitolo a parte.