Storia della colomba di Pasqua, dai pani della pace al marketing di Dino Villani

La storia della colomba, dal mito cristiano al marketing di Dino Villani per Motta, passando in rassegna le leggende sui longobardi.

Storia della colomba di Pasqua, dai pani della pace al marketing di Dino Villani

Abbiamo passato anni a dire che la colomba è la sorella sfigata del panettone. No signori: non è così. Madama colomba ha una storia di tutto rispetto, a partire dal volatile da cui prende il nome, molto presente nell’antichità e nelle comuni radici culturali indoeuropee. Andiamo quindi a tracciare una storia della colomba di Pasqua che si propone di spiegare la simbologia, le leggende e la verità storica a nostra disposizione.

La colomba nella mitologia

Colomba artigianale; Ciacco

Partiamo da un dato incontrovertibile: i volatili di diverso tipo sono da sempre ritenuti in qualche modo messaggeri e divinità da varie culture del mondo. Il mondo greco prima e quello romano poi attribuivano ai volatili delle funzioni ctonie e psicopompe: significa che avevano la possibilità di comunicare con l’aldilà e di accompagnare i morti nell’Oltretomba.

L’etimologia di “colomba” risale probabilmente dal greco antico, kolimbas-a, che sarebbe una sorta di uccello acquatico; da qui, deriverebbe anche la parola comignolo, perché sogliono nidificare proprio sulle cime dei camini.

Concentriamoci ora sull’origine del mito, per forza di cose attraverso la tradizione mediorientale. Per gli antichi Assiri la colomba ha l’incarico di portare messaggi, ma per trovare più apparizioni di questo volatile è necessario pensare in particolare alle al racconto ebraico. La colomba è infatti presente sin dalle prime pagine della Bibbia: è una colomba a portare a Noè un rametto d’ulivo, a simboleggiare la fine del Diluvio Universale. Altro personaggio della Bibbia legato alla colomba è senza dubbio il profeta Giona, il cui nome nell’antico ebraico significa proprio “colomba”.

La colomba per gli Ebrei è la raffigurazione dello Spirito Santo, inteso come pensiero e non come persona fisica (come invece accade per il Cristianesimo). Appare continuamente come portatrice di messaggi di vario tipo nelle raffigurazioni sacre, compresi arazzi e codici miniati. San Paolino di Nola, nel V secolo, commissionò una Trinità sormontata da una colomba.

A questo punto è facile capire che il succitato pennuto sia portatore di notizie, perlopiù benevole; altrettanto semplice è il suo collegamento con la Pasqua, festa di Resurrezione.

Una colomba, tre leggende

Colomba artigianale; Ciacco

Ora mettiamo da parte il campo simbolico ed addentriamoci più nella leggenda del pennuto lievitato. Come avevamo anticipato parlando di differenze tra panettone e colomba, la nostra beneamata possiede – tal quale al fratello natalizio – una serie di leggende a dire il vero… tutte molto simili tra di loro.

Tre, nello specifico, che concordano su un punto: siamo nell’epoca dei Longobardi, quindi nell’attuale Lombardia.

La prima leggenda ci dice che durante l’assedio di Pavia il re longobardo Alboino (siamo circa a metà del VI secolo d.C. ) si vide offrire un pane dolce a forma di colomba, come richiesta di tregua e pace.

Ancora, siamo tra i regnanti longobardi. La Regina Teodolinda – intorno all’anno 612 – diede un banchetto in onore del padre irlandese Colombano. Al suddetto banchetto c’erano molte pietanze contenenti carne, che il padre non poteva mangiare per le restrizioni del suo credo; allora, con un gesto, trasformò le carni in bianche colombe. La regnante rimase così colpita da donare il territorio di Bobbio a Colombano e i suoi confratelli, in modo da permettere loro la fondazione dell’Abbazia di San Colombano. Ad oggi il santo viene sempre rappresentato con una colomba bianca sulla spalla.

La terza versione si riferisce alla Battaglia di Legnano, (1176), con la vittoria dei Comuni lombardi contro l’invasore Federico Barbarossa. Si narra che furono viste delle colombe bianche posarsi sopra le insegne dei lombardi; il condottiero che le vide diede ordine di preparare pani a forma di colomba per infondere coraggio ai suoi cavalieri.

Sembra abbastanza chiaro che la diffusione di pani pasquali – probabilmente coevi o addirittura discendenti del panettone – era una cosa abbastanza comune. In particolare nel Nord Italia, ma non mancavano versioni di dolci pasquali diffuse in tutta la penisola.

La verità storica della colomba

Colomba artigianale; Gruè

Così come è stato per il panettone, la fuoriuscita dai confini lombardi la si deve alla produzione su larga scala di questo bene, che avvenne per opera dell’azienda Motta; in particolare, dobbiamo l’invenzione vera e propria della colomba “industriale” ad un pubblicitario noto, Dino Villani. Difficile definire chi fosse Dino Villani: pubblicitario, artista, pittore, incisore, critico d’arte. Fu tra i primi ad utilizzare tecniche integrate di comunicazione, con risultati palesemente efficaci e che perdurano ancora oggi.

Era già riuscito nell’opera di diffondere il panettone a livello nazionale, proponendo di premiare i vincitori del Giro d’Italia con un lievitato da ben dodici chili. L’evento sportivo era seguitissimo, imperdibile per tutti gli italiani: anno dopo anno, dal 1934, sortì l’effetto desiderato. L’azienda di Angelo Motta prese il dominio della scena nazionale del panettone.

Per quanto riguarda la colomba, Dino Villani fece una semplice ma efficace pensata: riutilizzare i macchinari e molti tra gli ingredienti già utilizzati per i panettoni natalizi per produrre fino alla fine della Pasqua.

Di fatto l’eclettico Villano aveva applicato quello che oggi è un concetto del marketing comune nell’industria alimentare: la line extension, ovvero l’ampliamento della linea di prodotto volto a coprire più fasce di mercato possibili, estendendo letteralmente il ventaglio dell’offerta a fronte di una domanda variabile, anche in base alla stagione.

Alla Motta subentrò, in un secondo momento (a partire dal 1944), la Vergani, azienda produttrice di colombe ancora oggi salda sul mercato dei lievitati da supermercato, nella fascia medio-alta.

[Immagini: Chiara Cavalleris per Dissapore]