Elogio della felicità: non voglio essere tassato per il mio bene

Elogio della felicità: non voglio essere tassato per il mio bene

Da questa mattina sto facendo sforzi soprannaturali per introiettare l’idea: vivo in uno Stato baby sitter che mi tassa per il mio bene. Originale, no? Ho letto sui giornali il nuovo decreto legge del ministro della Sanità sugli stili di vita. La tassa sulle bibite zuccherate e il tabacco soltanto ai maggiorenni stanno facendo discutere, le critiche principali sono due.

La prima. Ciascuno deve essere libero di bere e mangiare quel che gli pare, di ingrassare e sfasciarsi i denti senza per questo essere costretto a pagare una tassa. Altro che Stato angelo custode che multa fino a 1000 euro chi viene sorpreso a vendere sigarette ai minorenni.

L’altra. Perché le bibite sì e le merendine no? Forse per fare un piacere alla Barilla e alla Ferrero? Di questo passo scoppierà la guerra vino vs. aranciata: cos’è peggio, l’alcol o una bibita gassata?

Io invece critico la convinzione che nutrirsi in modo sano sia un valore per forza di cose superiore. E che lo Stato si senta in dovere di imporlo a chi, come me, antepone la sua felicità alla salute. Siccome ho eletto la ricerca della felicità a mio personale stile di vita, anche senza essere Muccino, chiedo che mi venga riconosciuta la libertà di mangiare e bere all’occorrenza cose poco salutari, perché farlo mi procura felicità. So di sbagliare ma non posso farci niente.

Tutto mi sarei aspettatto da questo Stato, tranne che mi obbligasse a difendere il libero arbitrio gastronomico. Tanto lo so che non è la salute dei suoi cittadini a preoccuparlo, ma una ragione molto più venale: spillarci soldi per bisogno di far cassa (7,16 euro ogni 100 litri introdotti nel mercato, per la precisione).

E francamente, giacché nell’ultimo anno non ha fatto altro, rinuncerei volentieri a essere tassato per il mio bene.

[Crediti | Link: Corriere.it, immagine: Flickr/Walter Dal Farra]