“Una preparazione alimentare portata allo stato solido e pastoso mediante congelamento e contemporanea agitazione, il tutto posteriormente all’impiego delle materie prime utilizzare per la fabbricazione e destinazione alla vendita e al consumo di tale stato”. È questa la definizione di gelato che troviamo nel decreto europeo 1881/79. Per dirla in altri termini, il gelato è una miscela in cui solidi, fluidi e gas si mescolano e raggiungono una particolare struttura a una data temperatura, grazie al processo di mantecatura.
Se dare una definizione di gelato è abbastanza semplice, parlare di gelato artigianale è decisamente più complicato: “sono artigianali tutte le attività che consistono nella produzione e/o lavorazione di alimenti e cibi per la vendita nei locali di fabbricazione o in locali annessi. È artigiana l’impresa che abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi.” Così recita la normativa che definisce un prodotto e un’impresa artigianale nel nostro Paese. Insomma, il gelato artigianale non esiste, e in effetti da un punto di vista legislativo una “crema Brunelli”, un “pane burro e marmellata” di Cremeria Capolinea, e una “mandorla e cannella” di Corrado Assenza, fanno capo alla definizione artigianale tanto quanto la gelateria xy che serve il gelato al puffo con le basi pronte. Eppure sappiamo che esistono distanze siderali tra i due mondi.
Insomma, sotto uno stesso ombrello si possono far rientrare le filosofie e approcci più disparati, utilizzando la semantica “artigianale” indiscriminatamente. Non c’è ancora una legge che definisca e tuteli il gelato artigianale. Premesso che stiamo quindi parlando di filosofie e concetti, una definizione di gelato artigianale proviamo a darla noi, concentrandoci sull’esperienza sensoriale.
Guardiamo il banco, il servizio e poi il nostro gelato: analisi visiva

Una prima grande scrematura possiamo farla semplicemente osservando il banco: avete presente quelle vaschette stracolme dalle quali fuoriescono montagne che sfidano leggi della fisica e termodinamica? Vi siete mai chiesti come sia possibile mantenere quella struttura? La refrigerazione si trova sotto e/o attorno alle vaschette, se il gelato esposto rimane intonso senza sciogliersi con tutta probabilità conterrà stabilizzanti. Additivi che peraltro dovreste poter leggere nell’elenco ingredienti che gli esercizi dovrebbero esporre, o comunque lasciare a disposizione del cliente (non trovarlo dovrebbe farci venire qualche dubbio). Le carapine, i pozzetti a cilindro, sono il sistema migliore per la conservazione del prodotto, in alternativa le vaschette non riempite mai oltre il bordo.
Fatta questa iniziale valutazione prestiamo attenzione al colore, che dovrebbe essere rappresentativo del gusto dichiarato. Colori super saturi e fluo sottendono l’uso di coloranti, che nella nostra idea di prodotto artigianale non vorremmo. Un pistacchio non può essere verde prato, la menta dovrebbe essere biancastra, un sorbetto alla mela non potrà essere rosso acceso, e via discorrendo. Esistono ovviamente eccezioni, frutti rossi, mango, o rapa rossa ad esempio contengono molti pigmenti nella polpa, ma ecco, chiediamoci sempre se il colore che osserviamo proviene dall’ingrediente o da altro, e nel dubbio chiediamo.
Se l’offerta a banco ha soddisfatto questi due requisiti possiamo scegliere il nostro gelato, a questo punto facciamo caso alla spatolabilità, definita come resistenza meccanica alla spatola appunto, ci dà informazioni preliminari sulla struttura del gelato, che dovrebbe risultare abbastanza compatto ma facilmente lavorabile. Dovremmo insomma riuscire ad affondare il cucchiaino con facilità nella massa, non dovrebbe risultare troppo dura e compatta, né troppo cedevole e acquosa. Ma non solo, il gelato non dovrebbe risultare spugnoso o eccessivamente elastico, non filare come una sottiletta insomma (potrebbe dipendere da un eccesso di addensanti o gelificanti).
Analisi olfattiva: quella del gelato avviene contestualmente all’assaggio
Eccezion fatta per alcune materie prime con aromaticità particolarmente intense (pensate al cioccolato), nel gelato la valutazione dell’aroma avviene per via retrolfattiva, quando insomma il gelato si sta sciogliendo in bocca e i composti volatili raggiungono l’epitelio viaggiando attraverso la rinofaringe. Cosa dobbiamo cercare? Anche in questo caso sentori che siano rappresentativi del gusto che abbiamo scelto, questo si lega al concetto di caratterizzazione: se prendo un gelato mela e cannella dovrei poter percepire e distinguere entrambi gli ingredienti.
Varieranno le intensità aromatiche in funzione dell’ingrediente, cambierà anche la persistenza aromatica, perché è legata in parte alla presenza di grassi e/o di alcol (un sorbetto alla fragola avrà una minore persistenza di una stracciatella o uno zabaione, per dire). Semplificando potremmo dire che dovremmo riuscire ad identificate gli elementi caratterizzanti aromaticamente letteralmente ad occhi chiusi, senza leggere il menù.
Un pochino più complicato sintetizzare il concetto di off flavour, cosa non dovremmo sentire in un gelato? Probabilmente il più frequente e facilmente individuabile è legato a sentori da ossidazione di grassi o altri ingredienti: un gelato alla noce o con olio d’oliva rancido ci legittima a restituire la coppetta al mittente. A volte può capitare anche con la frutta, avete presente il sentore di un limone ossidato? O una mela? Anche quelli possiamo incasellarli alla voce difetto. Se parliamo di prodotti in cui si utilizzano bevande a base vegetali, su tutte la soia, non dovremmo percepire sentori di cartone (alle volte sentori vegetali), difetto abbastanza comune in queste bevande vegetali.
Sensazioni gustative

La dolcezza, stiamo pur sempre parlando di un gelato, è solitamente il sapore dominante. L’intensità percepita varierà in funzione della sensibilità soggettiva, del gusto scelto e di scelte stilistiche e di approccio dell’artigiano (alcuni amano il comfort della classicità, altri lavorano un pochino in sottrazione su questo fronte). Non dovremmo avere in bocca un prodotto stucchevole, che ci faccia bramare acqua dopo due cucchiaiate ecco.
Ma non solo zuccheri, anche la freschezza, intesa come acidità, è un altro attributo che troviamo con una certa frequenza. Pensate a un sorbetto agli agrumi ad esempio. Non sono così inusuali nemmeno salinità e l’amaro. Diciamo che tendenzialmente l’esperienza gustativa è tanto più interessante quanto più è complessa. Un bravo artigiano sa cesellare le diverse sensazioni gustative per restituire complessità e magari persistenza.
Struttura, consistenza e temperatura

Posto che creme a base latte e uovo sono diverse da una base acqua, ci sono caratteristiche legate alla texture abbastanza similari. La cremosità è senza dubbio l’attributo sensoriale che dovrebbe caratterizzare un buon gelato. La struttura è influenzata dalla percentuale di aria incorporata (overrun), dalla quantità di grassi e dalla temperatura di servizio, ma ovviamente anche un sorbetto dovrebbe essere cremoso. Il gelato non dovrebbe risultare slegato, acquoso, evanescente, ma nemmeno duro, spugnoso, gommoso e unto.
Morbido, cremoso, vellutato, questi sono i descrittori che dovremmo utilizzare per descrivere l’esperienza tattile, al netto di variegature croccanti, pezzi di frutta, semi, e ogni altro ingrediente che modifichi la texture. Se si usano ingredienti in variegatura con l’intento di aggiungere croccantezza quell’intendo dovrebbe essere rispettato. Pensate ai muesli ad esempio, trovarseli in variegatura in versione sbobba informe e molliccia è un’esperienza per nulla godibile (true story).
Temperatura: quella ottimale per gustare un gelato oscilla tra i -11 e i -16°C, tendenzialmente le creme risultano meno fredde per la presenza di grassi, mentre i sorbetti potrebbero darci una sensazione leggermente più fredda. Semplifichiamo dicendo che il gelato non dovrebbe risultate troppo freddo, una cucchiaiata eccessivamente fredda anestetizza il palato e mette in sordina l’esperienza sensoriale. I cristalli di ghiaccio dovrebbero essere fini, quasi impalpabili, cristalli grossolani sono da considerarsi un errore (mantecatura non ottimale, decongelamento e ricongelamento). Dulcis in fundo, è il caso di dirlo, la persistenza, ciò che resta di quella cucchiaiata dopo la deglutizione, la summa di composti aromatici, sensazioni gustative (soprattutto l’amaro dove presente) e grassi, che sono di fatto la cassa di risonanza sensoriale che allunga il ricordo.