Nell’introdurre un approfondimento gastronomico su una regione, soprattutto dopo averla girata in lungo e in largo, verrebbe naturale tratteggiare un ritratto organico, in cui evidenziare il ruolo dei giovani leoni e dei venerati maestri, magari trovando acrobatiche perifrasi per esprimere lo stucchevole concetto del coniugare “tradizione e innovazione”, contestualizzando il tutto nel genius loci. Verrebbe, appunto. Ma la Calabria si conferma regione tanto affascinante quanto sfuggente, e la scena delle gelaterie non fa eccezione.
Dall’esterno sarebbe facile e stereotipato associare alla terra dei due mari il tipico immaginario del sud, con classici sontuosi, indimenticabili frutti freschi e a guscio, granite e gremolate che fanno sospirare ad ogni assaggio. D’altronde da queste parti c’è tutto quello che un appassionato di gelato potrebbe desiderare: leggende come quella della nascita del Tartufo di Pizzo, punti di riferimento secolari come i Destefano e prototipi ancestrali che risalgono, probabilmente, alla Magna Grecia, come nella “scirubetta” -che condivide la radice dell’arabo “sherbeth”- e che Brunori Sas ha cantato pure a Sanremo, “cresciuto in una terra crudele dove la neve si mescola al miele”, descrivendone la semplice ricetta nella sua “L’albero delle noci”.
Eppure, da tanta potenziale ispirazione, qualcosa manca. Da una parte una tradizione che è spesso più nostalgico folklore che valorizzazione della storia e che in troppi casi si è contaminata col peggio che la modernità avesse da offrire, in uno stridente mix di bergamotto e Kinder Bueno o Dubai Chocolate (entrambi rigorosamente da basi pronte) che lascia, quantomeno, perplessi.
Dall’altra le nuove generazioni che ci provano, dimostrando ambizione, tecnica e profonda conoscenza delle lezioni impartite da chi li ha preceduti, che procedono però individualmente e in ordine sparso, ritagliandosi con fatica ogni carapina di libertà. Una ricerca identitaria che potrebbe essere una promettente parabola per capire il futuro della Calabria del gelato, e forse non solo. Le prime 6 delle 11 gelaterie che seguono, in rigoroso ordine di valutazione, sono entrate nella classifica delle 100 migliori italiane (vuoi per la ricerca meritoria o la creatività della proposta) e insieme alle altre, completano il quadro della carapina artigianale che si distingue nella Regione.
1. Trebottoni Gelateria Artigianale
Reggio Calabria – Se evadiamo dolosamente le gelaterie dedite al dubai chocolate e alle menderine, traslitterate in vaschetta sotto forma di basi standardizzate, non disdegnamo certo le personali rivistazioni dei grandi classici industriali, quando figli di un lavoro artigianale. È il caso per esempio del Rocher rivisto da Demetrio Romeo, patron di questa insegna calabrese che ha raggiunto la 28esima posizione su scala nazionale, nella nostra classifica dedicata.
La più valevole della sua regione, secondo noi di Dissapore, Trebottoni si distingue per la cura impiegata nella valorizzazione dei prodotti del territorio (esemplificano bene le ricette “Sole del sud”, ricotta variegata all’albicocca e crumble al pistacchio, o “Terramia” con mandorle nere, arancia e cioccolato fondente), nonché per l’eccentrica e curata immagine della gelateria. Il che non incide sulle nostre valutazioni, ma vi aiuterà a trovarla senza l’ausilio di Google Maps, in quel di Reggio Calabria, tra le vie residenziali nel nord della città.
2. Bar Dolce e Salato
Gerace (RC) – Una delle gelaterie più interessanti della Calabria (in caso abbiate la buona idea di visitarla per la sua cultura storico-artistica e ben oltre i mesi più caldi) si trova in uno dei più bei borghi medievali d’Italia, a due passi da una delle costruzioni normanne più importanti della regione, la basilica concattedrale di Santa Maria Assunta. Qui c’è Daniele Rinaldis, aka Bar Dolce e Salato: nipote d’arte che, affrancatosi dalla storica attività dello zio, si è fatto riferimento per chi si avventura fin quassù.
La vetrina è contenuta ma colma di senso: il gelato alla torta Chianciano, con frolla, crema e amaretto, la ricotta di pecora dalla caratterizzazione equilibrata, un ineccepibile pistacchio che non cede a compromessi sulle variegature, granite eteree ed intense. Composizioni golose, con un equilibrio degli zuccheri più contemporaneo rispetto alla media locale, il tutto rigorosamente servito con il “tuppo” di una brioches invece di una banale cialdina.
3. Moré
Soverato (CZ) – Un approccio rigoroso sui fondamentali e contemporaneo nell’offerta, nella pasticceria così come nella gelateria. Nelle monoporzioni pregne di fantasia e talento e nelle carapine dai contrati freschi ed equilibrati. Moré ha una storia lunga 50 anni che, grazie all’entusiasmo dei fratelli Antonio e Fiorella Staglianò, vive il suo presente gastronomico senza nostalgia e passatismi. Provate il gusto sesamo nero e yuzu, o l’ananas e olio extravergine, per essere d’accordo con noi.
4. Gelateria Matteotti
Reggio Calabria – Se non siete di zona, dovrete farci caso: accanto al museo archeologico, ben nascosta dall’imponenza degli arbusti e dall’understatement del locale stesso, c’è Gelateria Matteotti. È il laboratorio di Gianluca Marcianò, virtuosista delle ricette dedicate agli agrumi (si provi l’arancio biondo di Caulonia) dalla mano particolarmente elegante, nel dosaggio degli zuccheri e nella realizzazione delle creme.
5. Gelati Tonino
Tropea (VV) – La Taormina della Calabria può vantare una buona gelateria artigianale (mentre nella Tropea della Sicilia la stiamo ancora cercando). Il “mago dei gelati”, al secolo Antonio La Torre, è riuscito a ritagliarsi un angolo di ricerca e qualità in quello che oggi è una muscolare Mecca vacanziera.
Complice una carriera alla spalle dedita a un gelato spesso piacevolmente dissimile da se stesso, tra strutture ed equilibrature degli zuccheri decisamente “vecchia scuola” e caratterizzazioni dalle intensità modernissime. Perché Tonino, oggi resistente ottuagenario, è qui dal 1971, e se oggi certi concetti di gelateria possono apparire originali ma assodati, pensare a gelati con la ‘nduja o le olive qualche decennio fa dà l’idea del suo spirito avanguardista.
6. Bar Ettore
Locri – Antonio Ruggia è tornato nella sua Locri dopo l’università, e ha deciso di mandare avanti l’attività di famiglia fondata dal padre che le ha dato il nome. Del bar di paese resta l’atmosfera, coi suoi tavolini all’ombra dei maestosi alberi di piazza Umberto, ma la proposta delle carapine è decisamente contemporanea, e mostra idee chiare, come la delicata infusione del “caffè bianco”, o le mandorle di Avola fritte.
7. Bar del Tocco
Gerace – La già splendida Gerace ha la fortuna di avere due grandi gelaterie, e per entrambi dobbiamo ringraziare la famiglia Rinaldis. Qui è dove tutto è iniziato e dove Giuseppe – zio di Daniele, ora solista nell’altrettanto notevole Bar Dolce e Salato – ha dato vita alla “Antica Pasticceria Gelateria Caffetteria del Tocco” nel 1989, diventando di fatto “il bar” del borgo.
Seduti tra i tavolini della piazzetta da cui prende il nome, o passeggiando verso la vicina Porta del Sole, volgendo lo sguardo fino allo Ionio affacciati al belvedere Bombarde, si possono apprezzare gelati dalla testura tradizionale e dalle caratterizzazioni decisamente vivaci, come nella mandorla salata o nel torroncino all’arancia. Le variegature sono sempre generosissime, come nelle abbondanti more di maggio che impreziosiscono un sorbetto cremoso. Come da tradizione della casa, ad ogni coppetta o cono spetta un tuppo di brioscia, perfetto complemento.
8. Sottozero Pennestrì
Reggio Calabria – Dall’anno scorso, in cui questa cremeria ha festeggiato 50 anni di attività, Sottozero Pennestrì è passato dall’essere “solo” una storica istituzione cittadina a diventare uno dei salotti buoni di Reggio Calabria, dopo aver restituito alla città la meraviglia Villa Genoese Zerbi e i suoi giardini, in cui i reggini si godono lo sfarzo del veneziano neogotico tra gli alberi del lungomare.
E anche Vincenzo Pennestrì, figlio d’arte del mitico fondatore “Don Tito”, può ben dirsi un’istituzione a sua volta, collezionista di riconoscimenti e ruoli da ambasciatore in Italia e nel mondo. In questa tappa imprescindibile tappa sul “chilometro più bello d’Italia” gusterete un gelato fieramente tradizionale nell’impostazione e nella struttura, che con la sua dolcezza vellutata riesce ad ammaliare tutti: se i garbati abbinamenti con gli agrumi, come mandorla e polvere di bergamotto o pistacchio al limone, sono interessanti, ci sarebbe piaciuto una materia prima più in evidenza in un classico come la nocciola.
9. Gelato Cesare
Reggio Calabria – Poche gelaterie possono dirsi così strettamente legate alla storia della propria città come Gelato Cesare lo è con Reggio Calabria. Il chiosco che sarebbe diventato il simbolo del gelato artigianale reggino nasce nel 1918, e dal 1940 è della famiglia Destefano, che una generazione dopo, nel 1970 lo ristruttura e ne fa la prima vera gelateria della città, non un bar o una pasticceria: insomma, un monumento cittadino, in cui non può mancare un pellegrinaggio.
Al bancone niente carapine, ma vaschette orgogliosamente ricolme di ricche variegature -la specialità della casa – e caratterizzazioni in cui non si va per il sottile: creme dense e sospensioni croccanti abbondano in gelati golosi, che arrotondando i tratti anche delle materie prime più intense, come la mandorla di Toritto o il mango di Catona, proposto in un sorbetto cremosissimo. Il “Bronzato”, caramello e burro salato non è per deboli di cuore, e “Amareggio” riesce a creare un sorprendente equilibrio tra pistacchio, amarene e crumble al bergamotto.
10. Gelateria Belvedere
Pizzo Calabro (VV) – Pizzo Calabro è sinonimo del suo tartufo, che da queste parti è una cosa serissima: si tratta del primo gelato ad ottenere una denominazione (è una IGP), c’è un consorzio che lo tutela e protegge, e ha una sua genesi ben precisa. È il 1952 e il gelatiere Giuseppe De Maria, in arte Don Pippo, durante un servizio a un matrimonio si ritrova senza coppe a sufficienza: ecco l’idea di formare con la mano delle sfere di gelato, farcirlo con cioccolato fusa e avvolgerle in carta alimentare per poi servirle al cucchiaio, e il resto è storia.
Non ci avventureremo in annose questioni di eredità, ma possiamo sicuramente dirvi che qui, a due letterali passi dall’affaccio sul mare e sul Castello Murat, abbiamo trovato il nostro preferito: la Gelateria Belvedere. Classe 1901, è diventato ufficialmente pasticceria e gelaterie nel 1930, grazie a Domenico Belvedere detto “U Gàttu”, come ancora oggi è identificato il locale, e il loro tartufo è un piccolo capolavoro di equilibrio tra la fragranza delle nocciole (o del pistacchio, se sceglierete quello tra le varie declinazioni), l’intensità del cacao e le diverse testure cremose, che riempiono il palato di bocconi ricchissimi, ma che non si smetterebbe di mangiare.
11. La Graniteria
Siderno (RC) – Raro che un locale di riferimento per la granita siciliana possa vantare anche un buon gelato artigianale. E questo è un dogma, inspiegabile per antonomasia quanto plasticamente osservabile nella stessa Sicilia, dove a un’ottima granita di gelsi è puntualmente affiancata una vaschetta di fragola fluo fuori stagione e una delle rare eccezioni è ben rappresentata da Giovanna Musumeci, oggi alla guida del tempio della carapina sotto la basilica di Randazzo. Lì si va per granite e si torna con il miglior ricordo di gelato al pistacchio.
Con queste premesse è meno bizzarro constatare la bontà artigiana dei gelati a La Granitera di Siderno, una volta risolta la curiosità instillata dalla lunga lista di gusti dedicati alle splendide granite: Rocco Scarfò è stato alunno di Musumeci, dopo una vita professionale trascorsa nella distribuzione di prodotti per le gelaterie, avviando così una seconda carriera all’insegna del più geniale tra i dolci siculi, declinato attraverso frutti calabresi e affiancato da brioche continuamente sfornate. Poi, da un anno a questa parte, ha iniziato a realizzare anche il gelato: una produzione limitata alle creme, avvolgenti nelle texture e dal dosaggio degli zuccheri impeccabile, che ad oggi complementa i gusti di granita ma ha tutto il potenziale per essere ampliata a sorbetti e sapori più gastronomici. Intanto si provi il cioccolato, in gelato o in granita.