Perché ogni estate siamo ostaggio degli stabilimenti balneari?

Ancora una volta, come ogni estate, ci tocca ribadire quali sono i diritti dei bagnanti. Gli stessi che spesso i gestori degli stabilimenti balenari decidono di non rispettare. A partire dal cibo portato da casa.

Perché ogni estate siamo ostaggio degli stabilimenti balneari?

Ogni estate, stagione dopo stagione, ecco tornare i tormentoni. Nel nostro caso – quello della ristorazione – sono solitamente due o tre: gli scontrini impazziti, i sovrapprezzi per tagliare le porzioni a metà e, più di ogni altra cosa, le litigate per il cibo negli stabilimenti balneari.

Che pizza, direte voi. E lo diciamo pure noi, in effetti, che preferiamo la calma piatta del nulla cosmico estivo piuttosto che le solite notizie rimbalzate estate dopo estate. Almeno, finché non mettiamo piede in spiaggia, e ci rendiamo conto che tutto sommato un po’ di ragione ce l’hanno pure loro, i queruli dei social, quelli che non vedono l’ora di postare sul loro Facebook l’ennesimo scontrino sbagliato per lamentarsi e suscitare l’ira condivisa dei quattro o cinque amici virtuali che manifesteranno solidarietà. Un altro degenero del nostro tempo (questa volta non stagionale) che però tutto sommato un qualche fondamento ce l’ha, se poi ci troviamo di fronte a sovrapprezzi a caso e storture tutte italiane. Come quella dei lidi e degli stabilimenti balneari, per esempio.

Gli stabilimenti balneari, un unicum italiano

Il tema delle concessioni delle spiagge (che appartengono al demanio, e quindi a tutti noi) ai privati titolari degli stabilimenti balneari è un tema antico e tutto italiano. Non che all’estero non ci siano i lidi, ma il modo in cui li gestiamo in Italia (sia in termini di longevità delle concessioni, che ormai appartengono alle stesse famiglie da generazioni, che in termini di “scarsità” di spiagge libere, nonostante le mappature fatte dalla ministra Santanché nel tentativo di sostenere il contrario, comprendendo però anche tratti di costa non fruibili dai bagnanti, come porti o zone rocciose) è un unicum assoluto, tanto che l’Europa ci bacchetta spesso nel tentativo di convincerci a recepire le norme previste dalla tanto temuta (dai gestori dei lidi) direttiva “Bolkestein”, pensata appunto per garantire un maggior numero di porzioni di spiaggia libera e un più frequente turn over delle concessioni.

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Tentativo fallito, come è ovvio, tanto che ormai i gestori degli stabilimenti balneari italiani (a cui il Governo vorrebbe dare un indennizzo da parte di chi subentra, ma l’Europa dice chiaramente che non si può mica tanto fare) sembrano essere intoccabili tanto quanto i taxisti, e di conseguenza stanno raccogliendo lo stesso affetto collettivo da parte del pubblico, che è abbastanza stufo di queste anomalie, con buona pace dei bei tempi andati in cui i bagnini che aprivano gli ombrelloni erano gli eroi della spiaggia.

Negli stabilimenti balneari si può portare cibo?

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Sarà anche per questo che ogni estate l’argomento delle liti nei confronti dei gestori degli stabilimenti balneari tiene banco sui social. Io stessa, in effetti, pochi giorni fa ho dovuto litigare con un gestore di uno stabilimento balneare di Mattinata, sul Gargano, che sosteneva che non potessi utilizzare il loro passaggio per arrivare alla spiaggia libera. Aveva torto, ovviamente, e io da brava boomer polemica non ho mancato di scrivere due righe sui social.

Poco dopo, a scatenare l’ennesima ondata di sdegno estiva, è arrivato invece il deputato di Alleanza Verdi Sinistra Francesco Emilio Borrelli, che ha raccontato sui social la vicenda di una mamma che, dopo aver affittato un ombrellone al lido Villaggio Coppola, nel casertano, ha dovuto “gettare nella spazzatura quanto avevano portato da casa e comprare una pizza al bar del lido” perché i gestori del lido le hanno imposto di non mangiare il suo cibo nel loro stabilimento.

E allora, ripetiamo ancora una volta tutti insieme, e ripetiamolo ancora più forte: Nessuno stabilimento balneare può vietare di portarsi il cibo da casa. E nessuno stabilimento può impedire il passaggio ai bagnanti per raggiungere il mare (l’articolo 11 della legge 217/2011 prevede “il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione“).

Ci piacerebbe, la prossima estate, non osservare il rincorrersi di notizie tutte uguali, di gestori di lidi balneari che (a torto) mandano via persone che si portano la loro borsa frigo in spiaggia (nei limiti del ragionevole, ça va sans dire, ma qui siamo nel campo del buon senso, e comunque nulla mi vieta di portarmi pure la parmigiana di melanzane, se voglio). Oppure, di assistere a una rivoluzione. Che ne dite, quest’anno tutti con il pranzo al sacco portato agli stabilimenti balneari?