Venezia: se il Dpcm rischia di far chiudere (persino) i caffè di Piazza San Marco

Persino gli storici caffè di Piazza San Marco a Venezia, veri e propri monumenti italiani, rischiano di non riprendersi dalle misure imposte dall'ultimo Dpcm.

Venezia: se il Dpcm rischia di far chiudere (persino) i caffè di Piazza San Marco

Non c’è città d’Italia in cui le restrizioni imposte dall’ultimo DPCM non si siano abbattute con conseguenze socio-economiche drammatiche. Venezia non solo non si salva ma vede in queste disposizioni un colpo di grazia nei confronti di un settore in crisi da un anno, cioè dall’acqua alta eccezionale del 12 novembre 2019, che ha segnato per molti proprietari e gestori di ristoranti, locali e bar un punto di non ritorno. La scure è stata crudelmente democratica e non ha risparmiato neppure il salotto cittadino, Piazza San Marco, simbolo della città e da secoli luogo dal valore socio-culturale indiscusso e unico: è dei giorni scorsi infatti l’ipotesi di un’apertura a rotazione dei caffè della piazza (Quadri, Lavena e Florian sono i nomi più noti) per scongiurare una chiusura più a lungo termine.

 “Piazza San Marco ha dei budget di spesa altissimi e i Caffè da soli, complessivamente, contano 400 dipendenti: il Covid è arrivato a dare il colpo finale ad una crisi iniziata con le liberalizzazioni del 2007 e rafforzata dalla monocultura turistica. I Caffè hanno avuto certamente un aiuto con la possibilità di sfruttare i plateatici nei mesi estivi, ma non è stato sufficiente, soprattutto in vista del 2021. Ad oggi si può calcolare una media di fatturato del 30%, con una perdita di oltre il 70%, spiega Claudio Vernier, presidente dell’Associazione Piazza San Marco.

Il Quadri ed il Lavena, inoltre, vivono difficoltà maggiori legate all’acqua alta: si trovano sotto le Procuratie Vecchie, e vanno sotto gli 85 cm”. Per capirci: l’anno scorso, il 12 novembre, l’acqua alta ha raggiunto i 187 cm avvicinandosi ai 194 del 1966 e piazza San Marco è il punto più basso di Venezia: essere sommersi è quindi inevitabile.

Ironia della sorte vuole che il Mose abbia iniziato a funzionare proprio adesso, quando una città che avrebbe potuto beneficiarne, salvando attività commerciali e rendendo certamente più semplice la vita quotidiana dei suoi abitanti, si trova svuotata e piegata dal Covid.”

 

Il dramma non è solo economico – prosegue Vernier – I Caffè storici rappresentano la cultura del nostro paese. Per questo, ecco la proposta di un’apertura a rotazione, per lasciare un presidio in città e perché non possiamo chiudere la piazza d’Europa. Piazza San Marco è una cartolina bellissima ed è un peccato che ne rimanga un’immagine simile”. Per Vernier quindi la questione non è solo economica ma anche culturale. Il Florian ne è l’esempio più significativo: aperto il 29 dicembre 1720 (quest’anno quindi festeggia – amaramente – i 300 anni) da Floriano Francesconi, divenne ben presto luogo d’arte, letteratura, storia, poesia, musica, politica, giornalismo e vide schiere di presenze illustri ai suoi tavoli, tra cui Stendhal, Foscolo, Lord Byron, Balzac, Dumas padre, de Musset e George Sand.

Florian

Florian sala-orientale

Sono queste le perdite a cui fa riferimento Vernier e che lo portano ad allargare l’analisi al contesto politico, locale e nazionale. “Si deve promuovere per Venezia un turismo diverso, che consenta di garantirne la fruibilità e che permetta di godere della città. Venezia deve tornare ad essere una città accogliente, visitabile tutto l’anno e non solo la città dei selfie. Devono essere attuate delle politiche per incentivare la residenzialità (Venezia vive da anni un lento e progressivo spopolamento: ad oggi gli abitanti sono poco più di 50mila, nel 2016 erano 55.000, n.d.r.) e la classe politica deve essere in grado di dare certezze per il futuro, con criteri sicuri: abbiamo paura perché viviamo in un mercato libero ma non regolamentato da leggi certe. Gli interventi inoltre devono essere mirati e non a pioggia e devono tener conto di fatturati, conti vivi e spese del personale”.

Alla domanda se sia plausibile una chiusura definitiva (almeno per il periodo invernale) determinata dai costi troppo alti che comporta un’apertura adeguata alla nuove disposizioni, Vernier replica non lasciando margini di speranza: “al momento c’è chi tenta di salvarsi con il turno della mattina, ma non posso purtroppo escludere, per l’inverno, una chiusura dei Caffè storici”.

[Crediti immagini: Alajmo group, Caffè Florian]