Come mangia il turista religioso?

I menù dei ristoranti di San Giovanni Rotondo

Si parla molto di chiesa un questi giorni. Ma Settembre è anche il mese dei grandi pellegrinaggi. Un fiume di credenti che, per esempio, attraversa ogni anno San Giovanni Rotondo, città in provincia di Foggia e sede del Santuario di Padre Pio. Gli abitanti sono 25.000 per cui, al netto di anziani e bambini, tutta la città lavora per i turisti. Nonostante le decine di alberghi costruiti di recente, quello religioso è, almeno qui, un turismo mordi e fuggi: terminata la visita in giornata, si ritorna tutti a casa. Ma cosa morde il turista prima di fuggire?

Lo diciamo subito: l’offerta non è niente di speciale. San Giovanni Rotondo prima di Padre Pio era un villaggio, quattro case sperdute sui monti del Gargano. L’accoglienza turistica è invenzione recente. Grande tradizione gastronomica non c’è, in genere i ristoranti offrono un menù fisso che non supera i 15 euro a pasto, bevande comprese. È il regno del primo, secondo e frutta, vale a dire orecchiette o lasagne quindi carne alla brace. Nella migliore tradizione dei buttadentro, tutto è sponsorizzato da decine di ragazzi che distribuiscono gli inviti, piccoli biglietti informativi, nella zona parcheggi.

Il livello del cibo non è male —pochi, per fortuna, i piatti pronti nei bar— ma il turista religioso preferisce di gran lunga portarsi il panino da casa, complici le aree pic-nic presenti nel vicino bosco. Milioni di clienti persi ogni anno a causa della scarsa offerta, e del modesto interesse dei clienti.

Mi chiedo, è dappertutto così? Il pellegrino è un turista di serie B, o negli altri santuari è diverso?