Educazione sentimentalmente alcolica di un’emigrata a Milano. I love Moscow Mule

Se c’è una cosa che di certo sanno far bene i milanesi, beh quella cosa è senz’altro bere bene. Da buona emigrante, ho potuto verificare con il mio palato. Riassumo le fasi.

Anno 1 — euforia da aperitivo (li bevi tutti e tutti ti piacciono), mangi anche la letale focaccia.
Anno 2 — cominci a selezionare, il tuo fegato è affaticato. Hai 5 cocktail d’eccellenza, cominci a capire la differenza tra ciò che è buono e cosa proprio no, anche in base a come ti svegli il mattino successivo.
Anno 3 — credi di aver capito dove devi andare a bere e qual è il tuo cockatail preferito, ma a sorpresa continui ad avere delle smentite. Non mangi più, neanche le verdure in pinzimonio (perché stanno vicine alla pasta fredda e alla focaccia).
Anno 4 — short list, ne bevi ancora 3. I miei: Negroni sbagliato (siamo a Milano parbleu!), Martini Cocktail, Moscow Mule. Non sai ancora classificare la bontà assoluta, sei annebbiato da fattori esterni (il barman, il locale, il tipo che ti fissa in fondo, la concorrenza sempre troppo bionda e troppo magra).
Anno 5 — sai scegliere, diventi arguto. Pratica zen di fronte al buffet anche sotto fame chimica. Nei posti che non scegli tu, entrando guardi le etichette degli alcolici, ammesso che ci siano, e bevi quasi sempre un gin tonic di sicurezza. Per il resto solo il tuo favorito.

Il mio: il Moscow Mule.

Lo assaggio per la prima volta al Julep’s, american bar di Milano. Amore a prima vista, fresco, non troppo alcolico, leggermente piccante di zenzero, acidulo quanto basta per le gocce di lime. È qui che un barman mi fa battere il cuore, Oscar, la caricatura di Fido Dido, solo con i tatuaggi, la zeppola e una cultura sugli alcolici da enciclopedia. Mi racconta la storia del cocktail.

Pare che oltre ad aver fatto apprezzare al grande pubblico la vodka, non molto nota fino agli anni 30 del secolo scorso, il Moscow Mule nasca da un incontro casuale (e quando mai no..?). Dopo gli anni del proibizionismo, tal Ralph Kunnet acquistò i diritti del noto marchio di vodka Smirnoff per cominciare a produrla in America. Non fu molto fortunato e la sua società venne acquisita da John Martin un dirigente della Heublein, già famosa nel mondo dei drink. Una sera in un bar di Los Angeles, John con l’amico e proprietario del bar Jack Morgan, trovano un’idea per svuotare il magazzino del bar pieno di ginger beer e lanciare la vodka Smirnoff. Mischiano e con il contributo di un’amica che aveva dei meravigliosi, costosi e invenduti bicchieri di rame, trovano anche il contenitore perfetto per mantenerlo alla giusta temperatura. Et voilà: ecco nato il Moscow Mule. Cocktail per caso.

The original: in un boccale di rame da 35cl o in un bicchiere da long drink equivalente, si versano 5 cl di vodka Smirnoff, si colma il bicchiere con il ginger beer e si spruzza qualche goccia di succo di lime. Facile.

E invece no, noi siamo italiani, siamo creativi, pieni di inventiva e allora sostituiamo il ginger ale al ginger beer, simili ma non uguali. Aggiungiamo il cetriolo fresco a volte. Decoriamo con la fogliolina di menta, che fa tanto ciuffo di prezzemolo su piatto quadrato.

Quindi, io che sono folle, intraprendo la mia personale ricerca e passo all’Anno 6.

Anno 6 — diventi il maggior esperto, sai tutto del tuo cocktail e vai in giro per Milano e per il mondo in cerca del Moscow Mule Perfetto (non rivisto, non destrutturato, non personalizzato, non “a modo mio”).

Dopo cotanta esperienza ecco alcuni indirizzi dove bere davvero buoni cocktail a Milano e dove potreste incontrarmi abbracciata al mio bicchiere di Moscow Mule:

  • Julep’s (via Torricelli 21, Milano),
  • Rita & Cocktail (via Fumagalli 1, Milano),
  • Nottingham Forest (viale Piave 1, Milano),
  • Bar Basso (via Plinio 39, Milano),
  • Bar Quadronno, panini a parte (via Quadronno 1, Milano).

E voi? Qual è il vostro cocktail del cuore?