La prima regola se volete parlarmi di Guida Michelin è non parlarmi più delle 3 stelle

Richard Bachman e’ lo pseudonimo con cui scriveva un giovane e sconosciuto Stephen King (Carrie, Shining, Misery, Il Miglio Verde). Poi in anni piu’ recenti ha ripreso lo pseudonimo e ha scritto “I vendicatori” (e altro). C’era questa strada di una cittadina degli States, villettine basse molto uguali, auto uguali nei vialetti uguali, bambini uguali e biciclette uguali. Solite ‘ttanate ‘mmericane. Arriva un furgone e spara a tutti. Casino. Morti. Delirio. Tanto alla fine nei libri di King non si risolve mai un tubo.

Perl Nennig, sulla Mosella, maggior affluente del Reno in Germania, ha questo piccolissimo rione espanso dal centrino storico che somiglia molto a quello la’, però senza (hashtag) #pirla-con-i-furgoni-e-i-fucili. Zero delirio, niente casino.

Sopra c’e’ il castello. Dentro c’e’ un hotel che, si dice, sia 5 stelle ma ne vale solo 4 piene piene. A 10 minuti dal confine con il Lussemburgo. E dentro l’hotel/castello un ristorante 3 stelle Michelin. Dentro il ristorante c’e’ anche una bella toilette.

Insondabili casi della vita ci portano a sfruttare qui un buono ricevuto a rimborso di un errore di prenotazione di qualche anno fa da parte di un tour operator. Tedesco, mica italiano (#esterofilia).

E sempre uno strano caso ci porta, dopo poco piu’ di un mese, a ricordare in due una sola cosa di quella cena: i microdadini di gelatina di fragola con una microfoglia di menta sopra. Sapore intensissimo e pressoche’… chissache’. In due: di cui una affiliata al trashfood piu’ becero e l’altro che non si rassegna e frequenta Dissapore con l’idea di imparare ma non ce la fa.

Eppure lo chef Christian Bau e’ un tre stelle delle gomme Michelin, come detto, e le portate totali sono state circa 14 (piu’ varie regalie per fare la bocca). Qualcosa non funziona, probabilmente siamo noi.

Ho qui il menu’ personalizzato con quello che abbiamo mangiato e i nostri bei nomi stampati sopra, e senza leggerlo mi ricordo solo del dadino e della toilette. E di 4 ore e 10 minuti seduti in una poltroncina un po’ restringente-invadente, un servizio bravo e bello-teutonico con scorza di simpatia. E della moglie di Christian Bau in sala.

E il microdadino, e la toilette ? E Internet in piena ormonale per Christian Bau? Ma sono matto ???

Mi chiedo: io ho mangiato “medaglioni di aragosta alla mela verde con mandorle affumicate” ? Certo, ma dopo un mese sono svaniti, e non capita con tutti i piatti. Il sashimi di Matias Perdomo al Pont de Ferr di Milano me lo ricordo ancora, per non dire della patata che voleva diventare tartufo di Bottura.

Mi ricordo qualche dettaglio dello Steinbutt dell’Atlantico ai 4 estremi: piccante, dolce, salato e acido, questo sì; quelle 4 salse alle sardine, al limone salato, allo zenzero e alla patata dolce.

E niente dei gamberoni “a la plancha”.

“Nebraska beef ” ? Lontanissimo e solo se leggo (di cipolla strutturata, ovviamente delle beef ribs e della tapenade giapponese) e mi concentro.

La pasticceria di fine pasto invece molto ficcante, con una miriade di note acide e su tutte: il microdadino e l’intensita’ dei suoi sapori.

Presentazioni splendide, sulla pasticceria prende almeno 2 delle stelle dell’omino smilzo (che sono io), le 3 dell’omino obeso di gomma invece non le capisco.

Interagisco con un blogger madrepatria e gli chiedo un parere: mi dice che lo preferiva quando era piu’ classico (GASP !!!). Muoio maldicendo del pur bravo blogger di sicuro biondo: hai mangiato un bratwurst “a la plancha” con senape francese come tocco esotico ?

Duecento euro a testa, circa. Compreso qualche bicchiere di accompagnamento e diverse bocce di acqua.

[Crediti | Link: Wikipedia, Victor’s Gourmet Restaurant, Christian Bau. Immagini: Julien Tort]