Le osterie d’Italia devono essere resistenti e geneticamente collocate a sinistra?

La copertina della guida Osterie d'Italia 2010 di Slow FoodCos’è Osterie d’Italia 2010? Non conta la prima risposta—il “Sussidiario del mangiarbere all’italiana”, che Slow Food ha presentato ieri in Campidoglio—ma la seconda. Gentilmente fornita sulla Stampa da Andrea Scanzi, lo scrittore bernoccolato che è riuscito dove tutti hanno fallito, superare per snobismo gli insuperabili slowfoodisti. Allora, cos’è Osterie d’Italia 2010? “Vorrebbe essere il catalogo degli ultimi resistenti, con tanto di (genetica) collocazione a sinistra”, ha scritto Scanzi, emanazione diretta delle osterie bolognesi cantate da Francesco Guccini 35 anni fa (Canzone delle osterie di fuori porta). Brr… rabbrividite. Ma ora riprendetevi, sù, gli scrittori sono così, quando parlano di ristoranti sacrificano il buon senso alla letteratura.

Scorro le segnalazioni della guida, che ha premiato 26 osterie in Piemonte, 21 in Toscana, 19 in Lombardia e Campania, 18 in Veneto e 14 in Lazio tra le altre regioni, e noto mangiatoie meritevoli tipo il Boccondivino di Bra (Cuneo), la Locanda Mariella di Calestano (Parma), La Brinca di Ne (Genova), la Trattoria Monti a Roma, ’E Curti di Sant’Anastasia (Napoli).

Se le nonne “sono evaporate”, come scrive Scanzi, significa che i figli sono stati due volte all’altezza, altroché. E’ merito loro se ai locali pulciosi degli anni ’70, la cui cucina rappresentava un attentato alla nostra salute, è subentrato un nuovo modello di osteria, migliore sotto molti punti di vista, inclusi i risultati di gestione.

Siete d’accordo, o pensate anche voi che l’osteria doc sia quella cantata da Guccini? Sarebbe interessante saperlo da Gianni Alemanno, il sindaco di Roma coinvolto da Slow Food nella presentazione di ieri.