La recensione del Finger’s Garden scritta prima dei guai con il Fisco del Finger’s

La recensione del Finger’s Garden scritta prima dei guai con il Fisco del Finger’s

I noti fatti.
Anni fa un’amica mi portò al Finger’s di Milano. Ne magnificava la cucina fusion (creativa e genericamente orientale con venature latinoamericane) e il fatto che ci andassero “tutti”. Talmente “tutti” che per raggiungerla nel locale mi toccò fare un interminabile giro del marciapiede, perché gli Hummer parcheggiati davanti all’ingresso creavano una sorta di muraglia che separava quel genere di “tutti” dal mondo civile.

Dentro, caos, allegria, musica, belle ragazze taccute, e un menu di cui non capivo niente, sicché finii per ordinare a casaccio, senza trarne alcuna soddisfazione. Dettaglio importante: il locale era per metà dello chef Roberto Okabe e per metà di Clarence Seedorf, calciatore del Milan.

Di solito i ristoranti di calciatori e attori volano basso inseguendo con malagrazia le mode del momento, e, soprattutto, vanno presto a rotoli. Invece il Finger’s non è defunto; anzi: ha raddoppiato. In tutti i sensi: adesso i Finger’s sono due, e la qualità è molto cresciuta, insieme al crescere delle ambizioni di Okabe.

Oggi parliamo del nuovo locale, il Finger’s Garden, una villa ai margini del centro di Milano. C’è spazio per parcheggiare, attorno ci sono quasi solo casette, abbonda il verde. L’architetto, ispirandosi con eleganza al kitsch dei ristoranti oriental-internazionali, ha creato un bel giardino con piscinette per le carpe koi, e all’interno ha voluto grandi finestrature per farti sentire tra le fronde degli alberi, come il Barone Rampante.

Una raccomandazione: non andateci per il piacere della conversazione (a meno di non prenotare un tavolo sulla balconata esterna), perché non sentireste nulla a parte musica, risate, esclamazioni, in un flusso continuo di gente che viene e gente che va, tra incroci di tipi, paesi, idiomi. Andateci per il divertimento: si vedono tante belle ragazze, anche i maschi tutto sommato non sono male, i camerieri sono particolarmente gentili e preparati e il cibo stuzzica il palato.

I piatti si basano in prevalenza su giochi di contrasti tra consistenze e sapori, e per conto mio nei secondi prevale un po’ troppo il dolce. Consigliati: il carpaccio di tonno saltato con pane grattugiato e salsa di gazpacho; il bocconcino di riso e alga con salmone e uova di salmone; lo squisito raviolo di pollo alla griglia, con pasta leggera, piccantino e avvolto in una patina di amido crostificato.

Viene da pensare che a questo punto il diretto concorrente Nobu perda colpi: quello stanzone triste e ingessato, quella cucina dapprima inventiva ma poi serializzata, quei prezzi stratosferici non possono competere con l’allegria, i nuovi piatti accattivanti e i prezzi – intorno ai 70 euro – del Finger’s Garden.

[Crediti | Dalla rubrica “Cibo e Oltre” di Camilla Baresani su Sette, inserto del Corriere della Sera. Immagine: Marie Claire]