Acqua in bottiglia, uno studio dell’ONU porta alla luce i problemi dell’industria

Uno studio dell'ONU ha fatto luce sui lati più oscuri dell'industria dell'acqua in bottiglia: diamoci un'occhiata.

Acqua in bottiglia, uno studio dell’ONU porta alla luce i problemi dell’industria

Chi l’avrebbe mai detto che un qualcosa di trasparente come la plastica fosse in grado di allungare ombre così profonde? Uno studio realizzato dall’Institute for Water, Environment and Health presso la United Nations University (UNU-INWEH) ha preso in esame l’industria dell’acqua in bottiglia e portato alla luce una serie di problemi che spaziano dalla “semplice” questione ambientale a veri e propri rischi per la salute. Ma andiamo con calma: i ricercatori hanno considerato i dati relativi a un gruppo di 109 paesi, valutando la sicurezza dei prodotti commercializzati – l’acqua in bottiglia, dicevamo – e l’alternativa rappresentata dall’acqua corrente.

Acqua in bottiglia: l’ingombrante zona d’ombra dell’industria

Bere acqua

I risultati parlano chiaro: la crescita di questa particolare industria rappresenta un problema in rapido aumento sia per quanto riguarda l’incremento dei rifiuti in plastica che per la “carenza di regolamentazione relativa alla produzione e alla vendita delle bottiglie di acqua”. Fattori, questi, che cozzano radicalmente con uno degli obiettivi chiave dello sviluppo sostenibile, che prevede la estensione della possibilità di beneficiare di acqua sicura.

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“L’espansione dell’industria dell’acqua in bottiglia” ha spiegato a tal proposito Kaveh Madani, direttore dell’UNU-INWEH ” non è allineata strategicamente con l’obiettivo di fornire l’accesso all’acqua potabile, anzi tende a rallentare i progressi globali in tal senso, reindirizzando gli sforzi di sostenibilità verso un’alternativa meno affidabile e meno conveniente per i consumatori, e altamente redditizia per i produttori”.

“Altamente redditizia“, già – d’altro canto i numeri parlano chiaro: solamente nel lasso di tempo compreso tra il 2010 e il 2020 il settore ha messo a segno un incremento del 73 per cento, con le previsioni di mercato che indicato un ulteriore raddoppiamento delle vendite entro il decennio. A proposito di soldi: il rapporto sostiene che garantire l’accesso all’acqua potabile per due miliardi di persone (attualmente sprovviste) richiederebbe un investimento annuale inferiore alla metà dei 270 miliardi di dollari che attualmente vengono spesi ogni anno per l’acqua in bottiglia.

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E se è pur vero che in molti consumatori si è ormai insidiata una sfiducia di fondo nei confronti dell’acqua del rubinetto, l’abito in plastica non sempre è garante di salute e sicurezza. “I processi di trattamento, la fonte dell’acqua, l’imballaggio e le condizioni di conservazione possono infatti alterare la qualità del prodotto commercializzato” ha spiegato a tal proposito Zeineb Bouhlel, dell’UNU-INWEH.

“In alcuni casi abbiamo rilevato la presenza di contaminazioni inorganiche, organiche e microbiologiche“. I ricercatori hanno elencato esempi di contaminazione osservati in tutti i tipi di acqua in bottiglia, e hanno sottolineato come le aziende produttrici siano tendenzialmente sottoposte a controlli “meno rigidi rispetto ai servizi idrici pubblici”.