Agricoltura, secondo Ismea l’indice di fiducia è ai minimi storici

Secondo un rapporto Ismea l'indice di fiducia nel settore dell'agricoltura italiana è sceso ai minimi storici.

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Impossibile parlare di agricoltura senza fare riferimento ai più recenti rincari ai costi di produzione, che di fatto spaziano dalle materie prime, al prezzo di mangimi, fertilizzanti e concimi e fino ai prodotti energetici. In questo contesto, un’indagine redatta da Ismea nel mese di aprile ha preso in esame 795 imprese agricole e 586 industrie di trasformazione valutando gli effetti degli aumenti di cui sopra sulla fiducia e sulle prospettive per il futuro. Ebbene, dai risultati è emersa una forte preoccupazione: l’indice di fiducia su affari correnti e prospettive a breve termine è sceso addirittura sotto i livelli dei primi due trimestri del 2020, macchiati dall’imperversare del Covid, e si posiziona su di un valore di -10,6 (in una scala di valori che di fatto oscilla tra 100 e -100).

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Importante sottolineare, inoltre, che il valore in questione peggiora sensibilmente nel caso di alcuni settori come la zootecnia da carne (-25,3) e da latte ( -13,7); mentre tra tutti i comparti analizzati solamente la vitivinicoltura e le coltivazioni legnose si mantengono su di un terreno vagamente positivo. Tra le difficoltà maggiori le imprese hanno soprattutto sottolineato le  problematiche dal lato dei costi e dell’approvvigionamento, mentre il fatturato rimane relativamente stabile; ed è emersa una crescente preoccupazione circa le condizioni climatiche sempre più avverse.

Nello specifico, dall’analisi si evince che l’aumento dei costi correnti abbia condizionato l’attività aziendale di oltre l’80% delle aziende zootecniche da latte intervistate, il 74% di quelle zootecniche da carne e altrettanto per i produttori di uova e miele, mentre quasi la totalità del campione (91%) ha spiegato di aver subito un incremento delle spese complessive a causa dell’acquisto di mezzi di produzione. Un terzo delle aziende, nel tentativo di contenere i costi, ha optato per modificare le scelte gestionali e rivedere il piano colturale, arrivando anche a modificare le razioni alimentari nel caso degli allevamenti. Interessante notare, infine, che solamente il 4% del campione ha dichiarato di essere riuscito a tamponare totalmente i rincari attraverso i prezzi di vendita più alti.