Quando sua maestà il tartufo bianco d’Alba fa capolino sulle cronache, di solito è per due motivi: l’annuale asta con le cifre record battute e i pezzi pregiati riservati ai grandi della terra, o lo scontrino “pazzo” di qualche cliente poco avveduto.
Una delle ultime cose a cui si potrebbe pensare è la skincare coreana: problema nostro, perché a quanto pare qualcun altro ha avuto ben altra visione a ha individuato un’opportunità laddove altri non vedevano nulla, e questa intuizione ha dato vita a “d’Alba”, linea di prodotti per la cosmesi al tartufo bianco, con buona pace di qualsiasi iniziativa di protezione del marchio.
Skincare tartufata
L’idea è di Ban Seong-yeon, fondatore e CEO di “d’Alba” che, ispirato dalla storia del tartufo (così dichiara sul suo sito internet), ha pensato di dare la possibilità al pubblico di sfruttare gli elementi nutritivi del prezioso tubero, come vitamine, minerali e amminoacidi, non solo per arricchire dei tajarin, ma per migliorare l’elasticità della pelle.
Per farlo, si è inventato un sistema di estrazione a freddo in tre fasi, che gli permette di ottenere il “Trufferol”, principio attivo brevettato alla base della loro vasta gamma di prodotti.
Non siamo qui per discutere dell’autenticità delle affermazioni dell’imprenditore coreano o dell’efficacia dei prodotti, quello che è certo è che, sarà per l’apprezzamento per il made in Italy, i cosmetici d’Alba al tartufo stanno riscuotendo un enorme successo in patria, registrando vendite nel 2023 vendite superiori ai 100 milioni di euro, lasciandosi alle spalle un marchio storico nazionale come Clio (no, la nostra Clio make up non c’entra), azienda che esiste dal 1993.
Ora, rileggete bene la frase precedente: non c’è qualcosa che stona?
Cosmetici “d’Alba” è purtroppo corretto, perché così chiamano, pur essendo prodotti in Korea e commercializzati anche da noi, creando un corto circuito italian sounding che pone molte domande.
Ovviamente Ban Seong-yeon sta agendo in maniera totalmente legittima, compra le sue preziose materie prima dalla “Alba Tartufi srl”, come dichiara orgogliosamente, e se il tartufo bianco non è protetto da nessuna denominazione, meno ancora lo è il nome della città di Alba, e il riconoscimento da parte dell’Unesco della pratica della ricerca e della cavatura del tartufo non offrono nessun tipo di protezione.
È un caso estremo, in cui si esce dal continente e anche dal settore merceologico, ma un tesoro prezioso come il tartufo bianco d’Alba sta venendo comunicato come un toccasana cosmetico a buon mercato, e nessuno può farci nulla: forse è venuto il momento di intervenire.