Alimentare, nella Top 100 Brand Food & Drink 2022 ci sono appena cinque firme italiane

Tra i primi cento brand del settore alimentare l'Italia può vantare appena cinque firme: la prima è la Barilla, che occupa la 14° posizione.

Alimentare, nella Top 100 Brand Food & Drink 2022 ci sono appena cinque firme italiane

Nella Top 100 del report Brand Finance Food & Drink 2022, pubblicato solo di recente, le firme italiane si contano sulle dita di una singola mano – cinque in tutto, per l’appunto. Al primo posto, come avrete potuto intuire, si trova Nestlé, che con un valore complessivo di 20,8 miliardi di dollari si conferma come marchio alimentare di maggiore valore al mondo. Importante notare, nel contesto di questa particolare classifica che il valore del cosiddetto trademark indica l’impatto finanziario generato da immagine e reputazione dello stesso brand, mentre la forza con cui quest’ultimo influenza le scelte dei singoli consumatori è un indicatore delle cosiddette business performance – in altre parole, più il marchio in questione è forte, maggiori sono le potenzialità di volume e price premium nelle singole vendite.

Nestlé

Se nelle prime dieci posizioni troviamo firme ben note anche al pubblico nostrano (come Danone, Quaker, Kellogg’s o McCain), dobbiamo scendere fino alla quattordicesima per trovare il primo marchio effettivamente italiano: si tratta di Barilla, forte di un valore pari a 3,8 miliardi di dollari, che tuttavia registra la perdita di una posizione rispetto allo scorso anno. Piccole scivolate anche per Kinder (che, tra l’altro, è anche il brand di maggiore valore della Ferrero con 2,9 miliardi di dollari), Nutella e Ferrero Rocher, che occupano rispettivamente il 23°, 46° e 50° posto; mentre l’ultimo tricolore in classifica è rappresentato da Amadori al 96° posto. Appena fuori dalle prime cento posizioni, invece, troviamo Galbani (103°) e  Parmalat (111°).

Secondo l’analisi di Massimo Pizzo, managing director Italia di Brand Finance, i marchi dell’alimentare italiano “pesano” poco in quanto sfavoriti dalle dimensioni relativamente piccole e dalla poca forza che riescono a esercitare sulle scelte dei consumatori: la leva principale, in questo senso, è quella della stessa italianità, che tuttavia non risulta sufficiente a differenziarsi da altri brand nazionali. “Solo cinque brand alimentari italiani sui 100 della classifica sono indubbiamente pochi” spiega Pizzo. “Le aziende alimentari italiani per crescere dovrebbero differenziarsi maggiormente tra loro con posizionamenti più marcati innovando e identificando una forte motivazione all’acquisto della marca rispetto all’altra. In questo periodo tutti brand si stanno impegnando sulla sostenibilità, una causa sicuramente nobile, ma ancora una volta poco differenziante”.