Allevamenti: la guerra ferma i mangimi, animali a rischio abbattimento

A lanciare l'allarme è Assalzo. La guerra e i rincari stanno bloccando la produzione di mangimi: gli animali sono a rischio abbattimento.

Allevamenti: la guerra ferma i mangimi, animali a rischio abbattimento

Questa volta è Assalzoo a lanciare l’allarme: la guerra, con gli annessi rincari energetici e delle materie prime, sta mandando in blocco la produzione dei mangimi. Il rischio è che si debba arrivare ad abbattere gli animali degli allevamenti.

La guerra Russia-Ucraina si sta facendo sentire pesantemente anche sul mercato delle materie prime agricole, soprattutto per quanto riguarda il mais. Secondo quanto riferito dall’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici, al momento abbiamo materie prime per produrre mangimi solamente per altri 20-30 giorni.

Se non verranno trovati altri canali di approvvigionamento, ecco che le industrie mangimistiche saranno costrette a fermare la produzione a causa della carenza di materie prime. Il che si tradurrebbe nella necessità drammatica di abbattere gli animali nelle stalle, con conseguente crollo della produzione di carne, latte, burro, formaggi, uova e pesce.

porcilaia

Il problema, secondo Assalzoo, è che l’Italia dipende troppo dall’estero per quanto riguarda queste materie agricole. 15 anni fa, per quanto riguarda la produzione di mais, eravamo autosufficienti, ma adesso produciamo a stento il 50% del fabbisogno interno. L’associazione fornisce poi qualche dato: per l’alimentazione degli animali d’allevamento in Italia servono 9 milioni di tonnellate di mais, ma il nostro paese ne produce meno di 6 milioni di tonnellate. Per riuscire ad andare in pari, bisognerebbe coltivare a mais almeno altri 300mila ettari di terreno.

Assalzoo chiede al Governo di attivarsi per aumentare l’import di mais prima che la zootecnica italiana crolli. Inoltre è necessario creare incentivi per coltivare altre superfici a mais.

Assalzoo avverte poi tutti: la situazione è arrivata al limite. I prezzi fuori controllo, le quotazioni del mais raddoppiate rispetto a prima della pandemia, la perdita del mais ucraino, il blocco delle esportazione di mais dall’Ungheria (paese che era il principale fornitore di mais per l’Italia): tutte queste condizioni fanno sì che sia necessario un piano d’emergenza.

Attualmente si potrebbe pensare a importare mais da USA e Argentina, ma il problema qui sono i trasporti: le navi cargo impiegano 5-8 settimane prima di arrivare. E anche la qualità del prodotto non è la stessa, ma sempre meglio che niente.