Anche la Svizzera vieta il “meat sounding”, più o meno

Un'azienda di Zurigo dovrà rinominare i suoi prodotti plant-based per una sentenza del Tribunale Federale.

Anche la Svizzera vieta il “meat sounding”, più o meno

Le controversie sulla nomenclatura dei prodotti vegetali sembrano non finire mai, e ogni stato ha le sue, per quanto il copione sia bene o male sempre lo stesso: da una parte i produttori, che cercano di offrire al consumatore prodotti dal marketing riconoscibile, dall’altra varie entità politiche che pensano di difendere gli utenti finali dal confondere -per esempio- un’eventuale “bresaola di seitan” con la sua omologa della Valtellina, vietando quindi tutte le terminologie cosiddette “meat sounding”.

È successo in Francia, dove un decreto -poi annullato dalla Corte Europea- ha vietato di chiamare “salsiccia” o “bistecca” i prodotti a base vegetale, e anche in Italia la legge sul “meat sounding” voluta da Lega e Fratelli d’Italia ha suscitato le critiche di Unione Italiana Food. Ora è il turno della Svizzera, dove la Corte Federale si è espressa contro un produttore di alimenti plant-based.

Il divieto svizzero

plant based hamburger

La sentenza conferma il parere negativo espresso dal governo federale svizzero contro un’azienda di Zurigo, la Planted Foods, che è ora obbligata a rinominare molti suoi prodotti, e ribalta una precedente decisione del Tribunale Amministrativo di Zurigo.

A suscitare perplessità erano alcuni prodotti che associavano termini “vegetali” a nomi di animali come “maiale vegano” o “pollo plant-based”, ora banditi, mentre resta possibile utilizzare nomi che fanno riferimento alle preparazioni, come “bistecca”, “salsiccia” o “macinato”: prodotti quindi battezzati come “salsiccia di soya”, “affettato di cereali” o “bistecca di lenticchie” vengono quindi ritenuti accettabili.

Mentre l’Italia ruggisce contro il meat sounding, la Danimarca ha avviato un piano nazionale per una transizione alimentare vegetale Mentre l’Italia ruggisce contro il meat sounding, la Danimarca ha avviato un piano nazionale per una transizione alimentare vegetale

Anche qui, il ragionamento dei giudici si basa sull’evitare la confusione del consumatore: un prodotto che non contiene pollo o manzo non dovrebbe includere riferimenti a quegli animali nel nome commerciale, ma qualsiasi riferimento alla ricetta o alla sua preparazione possono andare bene.

Un giudice in particolare ha sottolineato come le etichette contestato abbiano anche una evidente funzione di marketing, e non siano studiate solo per utenti vegetariani o vegani ma anche per onnivori o semplici curiosi, e il proporre un’equivalenza con la carne verna possa essere ingannevole.