L’inchiesta shock di Report, intitolata in modo eloquente “Non si butta via niente”, ha rivelato un presunto sistema di “riciclaggio” di carne scaduta all’interno dello stabilimento Bervini di Pietole, in provincia di Mantova. L’azienda, leader nella lavorazione delle carni internazionali e con un fatturato annuo di circa 200 milioni di euro, è stata oggetto di un’indagine condotta da Giulia Innocenzi, che ha mostrato filmati girati sotto copertura. I video documentano carni provenienti da Uruguay, Nuova Zelanda, Ungheria, Ucraina, Romania e persino dalle riserve militari egiziane, scadute da anni, che sarebbero state manipolate per essere rimesse in commercio.
“Carni scadute da cinque anni”

Un operaio dello stabilimento, intervistato con il volto oscurato, ha descritto la qualità dei prodotti, riferendosi a tagli scaduti anche da “quattro o cinque anni”, testimoniando anche come la carne “Era nera, puzzava, era brutta. Alla vista e all’olfatto era immangiabile”. L’operaio è riuscito anche a filmare etichette che mostravano carne dell’Uruguay scaduta nel 2023 o anche prima: la procedura, ha spiegato il dipendente, prevedeva l’arrivo dei camion il venerdì sera e l’immersione dei bancali di carne in cassoni d’acqua fredda per tutta la notte, per poi sostituirla con acqua calda la mattina dopo al fine di ammorbidire i pezzi ancora congelati.
Successivamente, la carne era sottoposta a quella che gli operai definivano “operazione di pulitura“: i pacchi venivano aperti e si cercava di “ripristinare la carne come se fosse pulita, cioè gli viene tolto il primo strato, quello che è il più macchiato, il più nero, le parti che magari possono essere più puzzolenti”. Quando il pezzo di carne assumeva “un aspetto quasi sano viene riconfezionato e ricongelato oppure viene finito di scongelare e destinato subito al mercato”.
Il dottor Nicola Decaro, Direttore del dipartimento medicina veterinaria all’Università degli Studi di Bari, ha spiegato che lo strato superficiale diventa marrone “Perché c’è stata la proliferazione incontrollata di batteri che hanno causato un inizio di processo putrefattivo, ed è stato molto chiaro sulla presunta efficacia di questo processo: “La carne scaduta implica una proliferazione incontrollata di batteri, tra cui alcuni patogeni che possono nuocere alla salute umana”.
Decaro ha inoltre sottolineato che il congelamento non è una soluzione definitiva ai problemi batterici: “Il congelamento blocca la crescita microbica, ma non significa che ammazzi i batteri, perché i batteri presenti in questa carne restano comunque vivi e vitali”. L’utilizzo di acqua calda per scongelare, pratica documentata, aggrava i rischi, in quanto “La maggior parte dei batteri, soprattutto quelli patogeni, hanno un’ottima temperatura di replicazione che oscillano tra i 36 e i 39 gradi, quindi il contatto con l’acqua calda facilita la proliferazione batterica”. I patogeni, come la salmonella e la listeria, possono avere “effetti devastanti, da forme diarroiche fino a manifestazioni neurologiche, quindi malattie molto gravi”.
Come spesso capita nelle inchieste dedicate al mondo dell’industria della carne, le immagini del servizio non sono per stomaci deboli, mostrando uno scenario igienico precario, con superfici di lavoro contaminate da sangue, sacchetti di carne lasciati a galleggiare nell’acqua senza protezione e armadietti “invasi dagli scarafaggi”. Dopo la lavorazione, la carne veniva riconfezionata con nuove etichette che riportavano dati falsi, eliminando ogni traccia della reale scadenza.
Interpellata dalla trasmissione, l’azienda Bervini ha prevedibilmente rispedito con fermezza al mittente ogni accusa di rivendita di carne scaduta. Nella replica ufficiale, l’azienda ha sostenuto che “la carne che commercializziamo non ha mai, in alcun caso, raggiunto la data di scadenza”. Ha precisato che le normative comunitarie e nazionali, citando ad esempio il Regolamento CE 853/2004 e la Legge 25/2022, permettono di congelare le carni fresche refrigerate prima che queste raggiungano la scadenza.
L’azienda ha anche ribadito che i suoi stabilimenti sono “costantemente sottoposti a controlli da parte delle Autorità dello Stato” e che “nessuna problematica di sicurezza alimentare e nessuna allerta alimentare è stata mai generata dalle lavorazioni della ditta Bervini”. L’Ats Valpadana, dopo aver visionato le immagini, ha dichiarato che interverrà per gli accertamenti del caso, aggiungendo che se la situazione fosse “come sembra è abbastanza grave”.
Se in seguito al lavoro di Innocenzi l’Agenzia di Tutela della Salute è intervenuta con sollecitudine è già una buona notizia, me più che l’immediato futuro a preoccuparci è il passato: dando per buono che le pratiche di “pulitura” immortalate su video e testimoniate da un dipendente non siano state effettuate per la prima volta proprio in quel momento, va da sé che lotti di queste carni siano già presenti sul mercato. I tempi tecnici non saranno certo brevissimi, e quando le partite incriminate saranno rintracciate potrebbe già essere troppo tardi.


