Andrew Tate: una pizza fa arrestare il kickboxer trollato da Greta Thunberg

Andrew Tate ha tentato di chiudere il battibecco con Greta Thunberg con un video, ma la presenza di una pizza ha portato al suo arresto.

Andrew Tate: una pizza fa arrestare il kickboxer trollato da Greta Thunberg

Impossibile, di questi giorni, tentare di visitare gli ampi spazi dell’internet senza imbattersi nel battibecco tra Greta Thunberg e Andrew Tate. La prima confidiamo che sappiate tutti bene chi sia: giovanissima attivista climatica svedese che, in un certo senso, è diventata il volto dell’opposizione al riscaldamento globale. Il signor Tate, invece, potrebbe essere una personalità meno nota ai più: fondamentalmente si tratta di un ex campione di kickboxing che si è reinventato come maestro di vita spacciandosi come maschio alpha e producendo contenuti estremamente misogini e comicamente arroganti. Qualche giorno fa ha tentato di fare il bullo con Greta vantandosi di avere 33 supercar inquietanti, e lei l’ha bruciato chiedendole un elenco dettagliato all’indirizzo mail smalldickenergy@getalife.com, che confidiamo non necessiti di una traduzione. Tate, naturalmente, non ci è stato; e ha filmato una nuova risposta fumando un sigaro e delirando su schemi mondiali, tasse ed emissioni – una videorisposta in cui, a un certo punto, appare il cartone di una pizza che l’avrebbe fatto arrestare.

Sarà stata con l’ananas?

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Ok, tra un cartone di pizza e un arresto c’è un volo pindarico notevole, lo ammettiamo. C’è bisogno di qualche spiegazione. Stando a quanto ricostruito da alcuni media, le forze di polizia della Romania erano in attesa della prova che Tate si trovasse nel Paese per intervenire: la scatola di pizza di cui sopra, in questo caso, avrebbe loro permesso di risalire al suo indirizzo per arrestarlo.

Il particolare tragicomico, in tutta questa vicenda, è che la pizza incriminata appare in un video appositamente girato per rispondere a una ragazzina che lui stesso ha deciso di stuzzicare. Insomma, è pur vero che la pubblicità negativa non esiste – nel bene o nel male il battibecco su Twitter (“io ho le macchine grosse e inquinanti”; e la risposta “sì beh fatti ‘na vita”) aveva portato il grugno di Tate su tutti i rotocalchi e media internazionali -, quello in questione ci sembra un po’ un suicidio involontario (o assistito dall’ego, se preferite), di harakiri mediatico, della proverbiale zappa sui piedi.

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Manca ancora un tassello, però. Tate è stato arrestato insieme a suo fratello, e va bene, ma per cosa? Ordinare una pizza non è certo un reato, così come non lo è litigare su Twitter con una teenager. Scrive il The Guardian: “I quattro sospettati (i fratelli Tate e due cittadini rumeni, ndr) sembrano aver creato un gruppo criminale organizzato con lo scopo di reclutare, alloggiare e sfruttare le donne costringendole a creare contenuti pornografici destinati a essere visti su siti Web specializzati a pagamento”.

Gli inquirenti avrebbero identificato sei donne sfruttate sessualmente dal nostro maschietto alpha e da suo fratello. L’accusa, in altre parole, è quella di far parte di un criminale organizzato coinvolto nella tratta di esseri umani; con le indagini delle autorità locali che avevano preso piede già dallo scorso aprile, quando due ragazze, entrambe minorenni, si rivolsero alla polizia rumena sostenendo di essere state trattenute nella villa di Tate contro la loro volontà.

Un ultimo dubbio, tuttavia, a noi rimane: possibile che uno stato europeo non fosse in grado di verificare ingressi e uscite dal Paese, e che abbia dovuto “attendere” che una conferma arrivasse in maniera (diciamolo) fortuita sotto forma di cartone della pizza?