Apocalypse Wine: il caso del documentario sulla viticoltura che dà così fastidio da essere “censurato”

Apocalypse Wine, un breve documentario realizzato da alcuni studenti che denuncia la viticoltura industrializzata, è stato censurato.

Apocalypse Wine: il caso del documentario sulla viticoltura che dà così fastidio da essere “censurato”

Quello che doveva essere un innocuo progetto extrascolastico si è trasformato in una voce tanto problematica da essere “censurata”. È quanto accaduto ad Apocalypse Wine, un breve documentario realizzato dagli studenti di quarta superiore dell’Istituto tecnico Luciano Dal Cero di San Bonifacio, Verona; che hanno preso la consegna – partecipare a un concorso che invitava alla “Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto” – per trarne una denuncia squillante ma necessaria alla viticoltura industriale. Se infatti il concorso in questione (lanciato dalla stessa Regione Veneto, tra l’altro) invitava evidentemente alla creazione di contenuti adulatori, i ragazzi hanno deciso di usare l’occasione per puntare il dito verso ciò che non funziona e che di fatto opera nascosto da una patina dorata. Una denuncia che, come accennato, ha dato così fastidio da finire per essere silenziata (almeno parzialmente).

“Un vigneto industriale ha qui un impatto forse maggiore di quello che avrebbe un’area industriale” raccontano i ragazzi nel documentario in questione. “Consuma sicuramente più terreno, modica l’orografia, il corso dei torrenti, causa danni idrogeologici, stravolge il paesaggio e impone una monocoltura dove prima c’era il trionfo della biodiversità”. Insomma, non tutto è oro quel che luccica: fa piacere vedere che il vino italiano riesca a macinare un record dopo l’altro di fatturato, ma qual è il prezzo da pagare? Quella dei ragazzi dell’ISIS Luciano Dal Certo è un’analisi attenta e limpida, che non si fa abbagliare dai fasti dell’industrializzazione, e anzi denuncia come questa declinazione della viticoltura sia di fatto in mano a pochi grandi proprietari che “che costituiscono un potere oligarchico cui si demanda la gestione del territorio”.

Una denuncia che cozza con il messaggio più ruffiano che il concorso avrebbe evidentemente voluto promuovere. “Altro che salvare le tradizioni” spiegano i ragazzi definendo il “nuovo” paesaggio agricolo “a-culturale”. “E questo è l’unico discorso che ci è venuto in mente, un discorso civile e politico, perché una presa di coscienza non è solo un fatto estetico, ma anche morale, e la moralità presiede alla socialità. Quel paesaggio sfregiato da iniziative privatistiche non è solo a-culturale e antiestetico, ma anche profondamente immorale e antisociale a danno di tutti”. Il risultato? Video rimosso da YouTube perché “non idoneo”, come ha spiegato lo stesso professor Simone Gianesini, che ha partecipato al progetto con i ragazzi. “Sulla censura in realtà ogni ipotesi è un’illazione”, ha commentato a tal proposito. Fortunatamente, però, il documentario è ancora disponibile per la visione su Vimeo. Cin cin!