Benessere animale, attivisti protestano contro le “bugie in etichetta”

Associazioni animaliste e ambientaliste protestano e chiedono ai ministri di salute e agricoltura di cambiare i requisiti per poter scrivere in etichetta "benessere animale".

Benessere animale, attivisti protestano contro le “bugie in etichetta”

Bugie in etichetta, anzi #bugieinetichetta, tutto attaccato e con l’hashtag, visto che la protesta è iniziata su twitter: varie associazioni ambientaliste e animaliste hanno coinvolto migliaia di persone che hanno espresso 20.000 tweet per chiedere di cambiare la definizione di “benessere animale”. Se le regole che si stanno costruendo diventassero norma, sostengono le associazioni, si potrebbero fregiare del bollino di amici degli animali anche aziende che mettono in essere “le peggiori pratiche della zootecnia italiana”. L’appello è stato avanzato ai ministri Patuanelli e Speranza, titolarti rispettivamente dei dicasteri di Agricoltura e Sanità.

“Chiediamo di non avallare una proposta di etichettatura nazionale sul benessere animale ingannevole e non trasparente nei confronti dei consumatori, in quanto completamente fuorviante rispetto alle reali condizioni degli animali negli allevamenti italiani.

La proposta costruita e portata avanti dai Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute con Accredia prevede infatti la certificazione con il medesimo claim in etichetta “benessere animale” anche per prodotti provenienti da animali allevati secondo standard al ribasso, tipici delle forme di allevamento intensivo, rendendo indistinguibili differenze rilevanti nel metodo di allevamento.

Galline in gabbia

Le associazioni chiedono da tempo di rivedere e correggere la proposta di sistema di etichettatura che risulta fuorviante, incapace – vista l’assenza di livelli di qualità crescenti chiaramente indicati in etichetta – di favorire la reale transizione (finendo per penalizzare invece quegli allevatori del comparto produttivo che hanno iniziato dei veri percorsi di transizione verso standard più elevati di benessere animale) e di garantire informazioni veritiere e trasparenti ai consumatori, che si troverebbero di fatto ingannati al momento dell’acquisto senza poter acquisire una consapevolezza reale sui metodi e le condizioni di allevamento.

Le associazioni (Animalisti Italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, The Good Lobby, WWF Italia ndr) hanno anche indicato più volte dove e come rivedere il decreto in alcuni, precisi, punti essenziali: l’introduzione di almeno cinque livelli diversificati per ogni specie chiaramente e contestualmente visibili in etichetta, la cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione del concetto di benessere animale – azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa definizione – e la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare l’effettivo maggior benessere animale”.