Bologna, il tribunale dà ragione alla mamma barista: risarcita per il cambio orari

A Bologna il tribunale ha dato ragione alla mamma barista che vince così la causa: dovrà essere risarcita per il cambio orari.

Bologna, il tribunale dà ragione alla mamma barista: risarcita per il cambio orari

Andiamo a Bologna perché qui il tribunale ha finalmente dato ragione alla mamma barista che aveva fatto causa per il cambio orari: adesso la donna è stata risarcita.

Questa storia inizia nel 2015. La barista in questione aveva trovato e accettato un lavoro presso la casa di cura di Villalba: le era stato proposto un part time orizzontale. In pratica era stato concordato che avrebbe lavorato solo la mattina, permettendole così di andare a prendere la figlia all’uscita di scuola.

Solo che, come spesso accade, nel corso degli anni gli orari pattuiti erano stati modificati rendendole impossibile riuscire a coniugare il lavoro con la vita privata.

Bologna

Così la donna ha deciso di fare causa alla Gmv future live, la ditta che gestisce l’appalto di ristorazione a Villalba e Villa Torri. Aiutata anche dalla Flcams Cgil, alla fine la donna ha vinto la causa: il giudice non solo le ha dato ragione, ma le ha anche concesso un risarcimento danni.

Il sindacato ha sottolineato che questa sentenza è “importantissima per la conciliazione vita-lavoro delle donne”. Ed è proprio il sindacato a fornire qualche dettaglio in più sulla vicenda.

Nel 2019 l’azienda aveva cominciato a chiedere alla donna una maggior flessibilità degli orari in modo da coprire diversi turni. Così la donna, che aveva scelto di accettare quel posto di lavoro proprio perché le era stato garantito un impiego da lunedì al venerdì e solo di mattina, si era trovata a dover coprire turni assai differenti da quelli pattuiti, inclusi turni nel fine settimana con un “orario sparpagliato” che non rispettava più né la fascia oraria prevista, né la sede di lavoro. Infatti a volte, dal bancone di Villalba veniva mandata anche a Villa Torri.

L’orario di lavoro, poi, non era più regolare: a volte doveva lavorare poche ore al mattino, a volte la sera, a volte le ore si concentravano tutte in pochi giorni della settimana, incluso il weekend.

Il tutto aggravato dal fatto che non aveva mai un margine di preavviso tale da poter organizzare la gestione della figlia. Il sindacato, infatti, parla di “turni stravolti dall’oggi al domani”.

Nel corso di quei mesi l’azienda aveva poi introdotto delle clausole elastiche senza nessun consenso da parte della dipendente, sconvolgendole del tutto i turni.

Secondo Dessì questa è una sentenza importante non solo perché ribadisce il principio che rende nulle le “clausole elastiche” senza consenso dei lavoratori, ma anche perché difende il diritto delle donne (e degli uomini) a conciliare vita privata e lavoro. Con orari così scombinati, infatti, non solo non è gestibile una vita famigliare, ma sarebbe anche impossibile trovare un secondo lavoro da abbinare a un part time da 20 ore che da solo non garantisce la sussistenza.