Uno degli obiettivi di Burgez era quello di essere la catena di hamburger più “cattiva” d’Italia e, grazie alle loro campagne più pubblicitarie decisamente sopra le righe, almeno quello l’avevano raggiunto.
Slogan anti vegani, messaggi su magliette provocatoriamente sessisti, finti bigliettini di lavoratori non pagati, genitori e bambini, nessuno era al sicuro, in una strategia di marketing sapientemente orchestrata dall’agenzia Upper Beast Side e dal suo fondatore Simone Ciaruffoli, anche CEO di Burgez e già autore televisivo (di Camera Café, ad esempio), regista, sceneggiatore e docente universitario.
Una comunicazione che però non è servita per raggiungere gli obiettivi finanziari e, a dieci anni dalla fondazione, il marchio e i locali vengono messi all’asta.
Burgez all’asta
L’asta telematica, ha visto una competizione accesa: partendo da una base di 940 mila euro, sono stati registrati ben 51 rilanci, fino all’offerta finale accettata di 1,3 milioni di euro da parte di un acquirente ancora sconosciuto.
La vendita ha incluso non solo il marchio Burgez, ma anche gli 11 punti vendita – di cui 7 a Milano e gli altri strategicamente posizionati a Roma, Torino, Verona e Bologna.
Il vincitore dell’asta si è assicurato anche gli uffici di viale Vittorio Veneto a Milano, tutte le attrezzature e gli impianti, gli automezzi aziendali, i contratti esistenti e, per un valore aggiuntivo di 10mila euro, il 100% delle quote di Burgez Italia. In tutto questo pare esserci una buona notizia, e cioè che i dipendenti della catena dovrebbero essere riassorbiti, sebbene le modalità specifiche siano ancora da definire.
Di Burgez resteranno le iniziative di marketing decisamente politicamente scorrette: campagne come quella del 2019, che offriva magliette con istruzioni per il “vero doggy style” in occasione della Festa della Donna, o l’operazione di comunicazione del 2021 con la “cassiera sfruttata” che lasciava bigliettini con richieste di aiuto ai clienti. Dubitiamo che questo stile verrà utilizzato dalla nuova fantomatica proprietà, ma non escludiamo sorprese.