Champagne: il modo migliore per bere le bollicine secondo gli scienziati

A dirci quale sia il metodo migliore per bere lo champagne adesso sono gli scienziati: ecco cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo fare.

Champagne: il modo migliore per bere le bollicine secondo gli scienziati

Qual è il modo migliore per bere lo champagne? Sono gli scienziati a provare a spiegare cosa fare e cosa non fare. A guidare il team di ricercatori è il chimico-fisico Gerard Liger-Belair dell’Università di Reims Champagne-Ardenne.

Liber-Belair da tempo sta approfondendo le conoscenze chimiche e scientifiche delle bollicine: non a caso la sua tesi di dottorato si concentrava sul meccanismo dell’effervescenza sopra e dentro il bicchiere. Sull’argomento ha anche scritto un centinaio di articoli tecnici e pure un libro, Uncorked: The Science of champagne.

Proprio durante gli ultimi 20 anni di lavoro, si è concentrato sulle bollicine dello champagne (e anche di altre bevande gassate come la cola e la birra). Il suo laboratorio sta tentando di spiegare quali siano i fattori che influenzano le bollicine, partendo dal tipo di sughero, transitando per gli ingredienti del vino (a proposito dell’uva per champagne: l’obiettivo è raggiungere il 100% delle coltivazioni sostenibili entro il 2040) e arrivando fino a come viene versata la bevanda.

Tramite tecniche di gascromatografia e altre analitiche, sta cercando di capire come le bolle di anidride carbonica influenzino il gusto, incluse dimensioni e numero. Il metodo tradizionale per produrre lo champagne prevede una prima fermentazione delle uve per produrre un vino base. Poi si aggiunge zucchero di canna o di barbabietola e del lievito, lasciando fermentare una seconda volta.

Il vino con doppia fermentazione ripossa per minimo 15 mesi, a volte per decenni: in questo modo le cellule del lievito, ormai morte, modificano il sapore del vino. Questi lieviti morti vengono tolti congelandoli in un tappo nel collo della bottiglia, facendo poi uscire la massa congelata e perdendo parte del gas durante il tragitto.

Il vino viene poi tappato, a volte vengono aggiunti zuccheri e si raggiunge un nuovo equilibrio che determina poi la quantità finale di anidride carbonica disciolta. Il gusto del prodotto finale dipende molto dagli ingredienti di partenza, in primis dalle uve usate. Alla frutta bisogna poi aggiungere il fattore zucchero.

Tuttavia in questa equazione non bisogna dimenticare le bollicine: le proteine del vino, incluse quelle derivanti da quelle cellule di lievito morte, stabilizzano le bollicine più piccole e contribuiscono a creare la schiuma nella parte alta del bicchiere, dando uno schiocco più deciso in bocca.

Secondo Sigfredo Fuentes dell’Università di Melbourne, lo champagne o lo spumante piacciono o meno sino dalla prima reazione che è visiva. Molte persone, infatti, tendono a dare valutazioni maggiormente positive a un vino fermo e a buon mercato che è stato reso frizzante: sono anche disposte a pagare di più perché frizza, nonostante magari sia vino davvero cattivo.

In generale, una bottiglia deve contenere almeno 1,2 grammi di CO2 per litro di liquido per darle la brillantezza e il sapore desiderati. Tuttavia se nel bicchiere c’è più del 35,5% di CO2, ecco che finirà con l’irriare il naso dando una sgradevole sensazione di formicolio. Il potenziale irritativo è maggiore nel flute dove la concentrazione di CO2 sopra il liquido è quasi doppia rispetto a quanto accade in una coppa ampia. Inoltre è inferiore se versato da una bottiglia ghiacciata rispetto a una tiepida.

Tornando al team di Liger-Belair, ha acoperto che un buon tappo di sughero è capace di intrappolare il gas nella bottiglia per almeno 70 anni. Dopo quella data, le bollicine scompariranno.

Importante è anche come lo champagne viene versato. Se versi 100 ml di champagne direttamente in un flute verticale, ecco che il bicchiere ospiterà 1 milione di bollicine. Versandolo, invece, in maniera più delicata sul lato, come si fa con la birra, le aumenterà di decine di migliaia. Se lo spumante o lo champagne vengono versati in maniera impropria, infatti, si hanno enormi perdite di CO2.

Anche i tensioattivi usati nei detergenti per stoviglie possono contribuire a far scoppiare le bollicine. Secondo Liger-Belair, il modo migliore per bere lo champagne è usarne uno invecchiato che tende a contenere meno CO2, versandolo in maniera delicata per preservare il maggior numero possibile di bollicine con una temperatura di 12 °C in un calice ampio a forma di tulipano, quello usato classicamente per i vini bianchi.