Nuova tragedia in Iran: la polizia locale ha picchiato a morte Mehrshad Shahidi, un giovanissimo chef di soli 19 anni, idolo degli studenti e che era stato soprannominato da tutti il “Jamie Oliver dell’Iran”. Ed esattamente come successo dopo la morte di Mahsa Amini, la ragazza curda di 22 anni, morta a causa delle percosse della polizia, rea di non aver indossato correttamente l’hijab, si sono nuovamente scatenate proteste e polemiche. Ma cosa è successo questa volta?
Chi era Mehrshad Shahidi, lo chef morto per le percosse della polizia?
Secondo le fonti locali, Mehrshad Shahidi sarebbe morto mercoledì scorso mentre era, così pare, sotto custodia della Guardia rivoluzionaria iraniana. Lo chef sarebbe stato colpito alla testa con i manganelli dopo essere stato arrestato durante le proteste organizzate nella città di Arak.
Questa è la 253esima morte durante queste manifestazioni di protesta scatuire dalla morte di Amini. Esattamente come capitato con la morte della giovane donna, in cui i funzionari hanno obbligato la famiglia a dire che era morta di malattia, anche in questo caso la famiglia dello chef iraniano ha rivelato che i funzionari del governo li stavano pressando affinché sostenessero che il ragazzo era morto a causa di un attacco cardiaco.
Tuttavia la famiglia non è voluta sottostare a tutto ciò e in tv ha dichiarato che il figlio aveva perso la vita a causa di una manganellata alla testa ricevuta dopo che era stato arrestato dalla polizia. Inoltre i famigliari hanno anche aggiunto che il regime aveva ingiunto loro di dire che era morto per un attacco di cuore. E i funzionari? Beh, ovviamente hanno confutato tale versione dei fatti.
Ma chi era Mehrshad Shahidi? Il giovane chef era molto noto su Instagram: il suo account aveva 25mila follower che gradivano i suoi video di cucina. Definito come un ragazzo “popolare, energico e bello”, era stato soprannominato anche il “Jamie Oliver dell’Iran” (anche se, a dire il vero, oltre al fatto che sono entrambi chef, non vediamo cosa possano avere avuto in comune).
Adesso la sua morte, però, potrebbe aver surriscaldato ulteriormente gli animi. Secondo il dottor Reza Taghizadeh, esperto di affari iraniani, proprio il decesso del ragazzo potrebbe scatenare una nuova, grande ondata di proteste nazionali, ancora più forte rispetto alla precedente. In effetti, proprio durante il funerale del giovane, i dimostranti sono scesi nuovamente in piazza.
Le forze di sicurezza avrebbero sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla che inneggiava alla “Morte del dittatore” e che ricordava che “Tutti coloro che verranno uccisi saranno supportati da altre migliaia di persone”.