Cibo a domicilio: gli account dei rider in affitto ai migranti irregolari

Secondo un'inchiesta del New York Times in molti Paesi i riders mettono in affitto i loro account a migranti irregolari, chiedendo dal 30 al 50% del guadagno.

Cibo a domicilio: gli account dei rider in affitto ai migranti irregolari

Negli ultimi anni il lavoro dei rider, ovvero i fattorini che consegnano il cibo pedalando da una parte all’altra della città, è diventata una delle categorie simbolo per la lotta contro lo sfruttamento sul posto di lavoro. Ma il peggio però sembra non essere finito qui. Infatti secondo un’inchiesta portata avanti dal New York Times e ripresa in Italia da Wired, ci sarebbe una categoria di lavoratori che vive situazioni ancora peggiori: ovvero quella composta da migranti irregolari, richiedenti asilo e minorenni che affittano l’account dei fattorini, svolgono le consegne al loro posto e versano loro dal 30 al 50% di quanto guadagnano.

Questo allarmante fenomeno è ormai all’ordine del giorno in vari Paesi europei tra cui il Regno Unito, Spagna e Francia. Nel corso della sua inchiesta, il quotidiano americano ha contattato alcune di queste persone che lavorano a Parigi per capire la logica che sta dietro a tutto questo, anche se la risposta è tristemente scontata: la disperazione.

I rider e i migranti comunicano soprattutto via social: Facebook, WhatsApp o Telegram. I primi mettono a disposizione il loro account e dettano le condizioni; i secondi possono acconsentire o rifiutare in quanto la loro ‘posizione’ non prevede alcun tipo di mediazione. Sul giornale si leggono alcuni esempi, tra cui quello di Florent, un rider che ha lavorato per tre diverse app di consegna a domicilio, poi si è stancato: le condizioni peggioravano di anno in anno e guadagnava sempre meno. E quindi ha pensato che affittare il proprio account sarebbe stato molto più redditizio. Oggi lo presta ai migranti, cui chiede una commissione del 30%. Lo stesso fa il diciottenne Youssef El Farissi. “Se ci pagassero di più, non abbandoneremmo il nostro account”, si è giustificato con il giornale.

Ovviamente nessuna compagnia di food delivery ritiene lecita una simile pratica, molte di loro conosco bene questo problema e starebbero cercando di trovare una soluzione per arginarlo nel più breve tempo possibile. Glovo, ad esempio, avrebbe deciso di fermare la collaborazione coi fattorini che vengono scoperti a fare questo scambio. Secondo Alexandre Fitussi, direttore generale della compagnia, il 5% dei circa 1200 rider che facevano consegne a domicilio per Glovo erano migranti irregolari.

[Fonti: New York Times – Wired]