Cibo spazzatura: uno studio spiega come i prezzi ci spingano a comprarlo

Uno studio scientifico ha analizzato una curiosa distorsione nel meccanismo dei prezzi: frutta e verdura e altro cibo sano hanno dei margini molto ampi e quindi prezzi più alti rispetto al cibo spazzatura.

Cibo spazzatura: uno studio spiega come i prezzi ci spingano a comprarlo

Perché compriamo cibo spazzatura? Perché contiene zuccheri e altre sostanze che ci rendono in qualche modo dipendenti, quindi perché sembra più buono, anche se sappiamo che non fa bene. Un recentissimo studio pubblicato su Science rivela, però, che c’è qualcosa in più: e questo qualcosa ha a che fare con i prezzi. Certo, è ovvio, si dirà: il consumatore soprattutto di fascia medio bassa tenderà sempre ad andare al risparmio, e questo poi è il motivo per cui diabete e obesità, come molte altre malattie legate all’alimentazione, siano più diffuse tra i poveri. Si tratta di un paradosso, ma ben noto. Quello che però viene fuori dallo studio è il meccanismo perverso che porta alla determinazione dei prezzi, favorendo il junk food: in sostanza, sui cibi confezionati e processati il margine di guadagno dei produttori è molto basso, si vende quasi a prezzo di costo, mentre su frutta e verdura i margini sono più ampi, e quindi i prezzi finali più alti.

Si legge nello studio: “L’elaborazione delle politiche pubbliche per la prevenzione delle malattie legate all’alimentazione è ostacolata dalla mancanza di prove sul fatto che le diete povere siano una questione di responsabilità personale o una scelta ristretta dalle condizioni ambientali. Un elemento importante dell’ambiente sono le imperfezioni del mercato nella vendita al dettaglio di prodotti alimentari, che distorcono i prezzi. Utilizziamo un ricco set di dati sulle quantità e sui prezzi degli acquisti alimentari negli Stati Uniti e un modello strutturale delle scelte dietetiche per esaminare la variazione delle diete tra famiglie che hanno diversi livelli di reddito e vivono in quartieri diversi. Riteniamo che le distorsioni di prezzo rappresentino un terzo del divario tra l’assunzione raccomandata e quella effettiva di frutta e verdura. Un intervento fiscale fattibile che rimedi a queste distorsioni fa stare meglio tutti i consumatori. (…)

frutta verdura scaffali supermecato

Se le diete povere sono principalmente una “maledizione ambientale”, gli interventi politici che attribuiscono la maggior parte delle responsabilità al singolo consumatore saranno inefficaci. Allo stesso modo, se le diete sono per lo più determinate dalle preferenze individuali, il ruolo dell’intervento politico è limitato e interventi ben intenzionati potrebbero fare più male che bene. Qui, miriamo a quantificare il ruolo delle imperfezioni del mercato nella vendita al dettaglio di prodotti alimentari che distorcono i prezzi alimentari relativi. L’imperfezione specifica su cui ci concentriamo sono i costi fissi nella fornitura di cibo sano, che sono molto più grandi per i prodotti alimentari sani che per quelli non salutari. Le distorsioni di prezzo determinate da questa imperfezione rappresentano un insieme specifico di distorsioni ambientali che giustificano l’intervento del governo per migliorare le scelte alimentari”.

 

Lo studio conclude quindi che un intervento è possibile: “Abbiamo trovato che i prezzi relativi del cibo sano sono gravemente distorti. Frutta e verdura sono il 40% più costose di quanto sarebbe efficiente. Dimostriamo che queste distorsioni di prezzo portano a un sottoconsumo inefficiente di frutta e verdura del 15%, rappresentando circa un terzo del divario tra le assunzioni effettive e consigliate. (…) Diversi interventi  potrebbero essere utilizzati per migliorare le diete. È teoricamente possibile raggiungere livelli di prezzo relativi efficienti senza peggiorare la situazione dei consumatori. Il governo dovrebbe dare un sussidio al cibo sano e imporre una tassa sul cibo malsano: dimostriamo anche che un sussidio universale su frutta e verdura, finanziato da un aumento incrementale dell’imposta sul reddito si traduce in sostanziali guadagni di benessere generale e in una distribuzione accettabile di questi guadagni”.