John Dewey scriveva che “l’abitudine non preclude l’uso del pensiero, ma determina le vie entro le quali esso opera”. Parafrasato: l’abitudine ci condiziona a pensare in un certo modo. Quando però succede qualcosa di anormale, il neurone si attiva e notifica che qualcosa non quadra. Esempio: un’influencer arrestata perché non pagava al ristorante. Ma da quando?
Pei Chung ha 34 anni, vive a New York, e di mestiere fa l’aspirante food influencer. Parte fondamentale del curriculum per un ruolo del genere, converrete, consiste nel barattare pasti più o meno completi con famigerata visibilità. Non riuscirci significa portare una falla critica che rende inabili al mestiere: un po’ come l’essere un sommelier astemio. Chung lo sa, e ha fatto del suo meglio per rispettare la regola del gioco. Poi è finita in carcere.
Come mai l’influencer è stata arrestata?

La nostra è stata bandita da almeno sette ristoranti della Grande Mela. Aveva il vizio di frequentare ristoranti anche stellati e poi di rifiutarsi di pagare il conto, e per questo la polizia locale l’ha arrestata più volte. Decisamente poco fini, gli agenti: non sanno che Chung fa l’influencer? Arresterebbero un postino perché consegna la posta, o un meccanico perché aggiusta un’automobile?
Durante una visita alla Peter Luger Steak House – la più celebre di New York – Chung avrebbe completato il pasto pubblcando qualche scatto sulla vetrina dei social e scrivendo una recensione entusiasta. Quando lo staff ha presentato il conto – marrani! – la nostra si è vista costretta a ricorrere al baratto più pratico, offrendo una serie di oggetti (tra cui forbici da cucina: sempre utili) pescati direttamente dalla borsa. Insomma: alla recensione ha pure unito un what’s in my bag in diretta. Ingrati!
La carriera di Chung si è arrestata – ah! ah! ah! – al Mole di Brooklyn. La nostra, vestita di Prada, Louis Vuitton ed Hermès, si è rifiutata di pagare un conto da 149 dollari, ed è finita con le manette ai polsi, un’accusa di furto di beni di consumo e una cauzione di 4500 dollari sulla capoccia. “Solo a New York una persona del genere può diventare famosa”, ha spiegato il proprietario del Mole. “La faceva sempre franca, e non è giusto”. Ma dai, quanta severità: siamo sicuri che l’intera vicenda non fosse che un banale errore di comunicazione?
