Il futuro immaginato da Robert Zemeckis in Ritorno al Futuro ce lo siamo ormai lasciato cronologicamente alle spalle (Marty viaggiava dal 1985 al 2015), ma ancora non abbiamo macchine volanti, e nemmeno minuscole pizze -di Pizza Hut- da reidratare in pochi secondi a riportare a dimensioni sufficienti per sfamare tutta la famiglia.
Se per i mezzi di trasporto però siamo ancora lontani da quella visione, sul cibo, o meglio, sulle bevande, ci stiamo avvicinando, ma se questa innovazione porterà beneficio è ancora tutto da capire: siamo pronti alla birra in capsula da ricostituire?
La birra in capsula sarà il futuro?
L’idea viene da un gruppo di ricercatori della Universidad de La Sabana (Colombia) e della Universidad Politécnica de Cataluña (Spagna), ed è la continuazione di uno studio dell’ateneo spagnolo su un processo chiamato “Concentrazione per congelamento e agitazione progressiva” o PSFC, un sistema per concentrare il prodotto a freddo eliminando l’acqua separando la birra dai cristalli di ghiaccio che si formano durante il processo.
L’esperimento è stato condotto su tre stili di birra diversi, una Witbier, una Bitter Ale e una Porter, prima degassate e poi portate a temperature tra i -15 e i -20 gradi, sempre mentre un agitatore mescolava costantemente i liquidi a 300 bpm: il processo dura tra i 45 e i 75 minuti, e il ghiaccio formato viene rimosso.
Secondo i ricercatori, questa modalità di concentrazione mantiene praticamente inalterate le proprietà organolettiche della birra, anzi, ne aumenta l’intensità, o almeno questa è l’opinione di uno dei membri dell’equipe di scienziati, Fabian Leonardo Moreno: “inizialmente una delle grandi sfide era riuscire a mantenere l’alcol nel processo di crioconcentrazione. Abbiamo visto che riducendo parzialmente la quantità di acqua, i solidi che conferiscono sapore, i composti volatili e l’alcol si concentrano ancora di più. Il risultato è una birra con un profilo sensoriale più intenso, con aromi e sapori più definiti”.
Vediamo già la perplessità negli occhi degli appassionati di birra che ci leggono ma le dichiarazioni di Moreno sono sostenute dai numeri: le misurazione dei composti volatili organici (alcoli, esteri fruttati, terpeni del luppolo eccetera) dopo la concentrazione conferma che più del 90% vengono mantenuti, con la porter che ne mantiene il 96%, facendo effettivamente ben sperare per la qualità organolettica della birra una volta ricostituita.
Già, ricostituita, ma come? Il processo dovrebbe prevedere un’aggiunta di acqua, per riportare la birra a concentrazione e alcolicità originali, facendola tornare frizzante attraverso un normalissimo gasatore domestico: non potremo aspettarci chissà quale fine perlage, ma funzionerà.
I vantaggi della birra in capsula sono soprattutto logistici, permettendo di ridurre peso e spazio occupato in fase di trasporto e stoccaggio, ma solo l’assaggio sarà utile per capire se questi benefici giustificheranno il processo di concentrazione e ricostituzione.