Come la Cina sta diventando il principale produttore di specialità gourmet

Caviale, tartufi e foie gras "Made in China" stanno modificando gli equilibri gourmet del mercato mondiale.

Come la Cina sta diventando il principale produttore di specialità gourmet

La Cina si sta imponendo sul mercato come produttore di cibi di lusso: caviale, foie gras e tartufi provenienti dall’oriente stanno infatti ridefinendo la scena gastronomica globale, come sottolinea Bloomberg in una sua recente inchiesta.

Simbolo di questa trasformazione sono proprio le preziose uova si storione, un tempo dominio esclusivo delle regioni del Mar Caspio, mentre oggi le lattine di Kaluga Queen recano con orgoglio la dicitura “Made in China” e vengono presentate in eventi specializzati, come un recente raduno a Singapore che ha riunito food influencer internazionali alla tavole del ristorante Vue, dove lo chef Sam Chin ha definito il caviale cinese “un’icona di raffinatezza che offre un aroma fragrante e un’esplosione di sapore ricco e oceanico ad ogni boccone”.

L’ascesa del caviale cinese (e non solo)

La Cina è emersa come il principale esportatore mondiale di caviale di storione, detenendo il 44% delle vendite globali nel 2024, distanziando notevolmente l’Italia, che si ferma al 10%. Lo scorso anno, il Paese ha esportato 322 tonnellate di caviale, più del doppio rispetto al 2019, e aziende come Hangzhou Qiandaohu Xunlong Sci-tech Co., proprietaria di Kaluga Queen, gestiscono il più grande allevamento di storioni del mondo, monitorando oltre 200.000 pesci con sistemi di intelligenza artificiale.

Questa crescita non è casuale, ma è il frutto di politiche governative volte a trasformare la reputazione cinese da “fabbrica del mondo” a fornitore di beni di specialità costosi. Even Pay, analista agricolo, osserva: “c’è stato uno sforzo coordinato da parte di Pechino per sostenere gli agricoltori cinesi nell’identificazione di prodotti con un valore superiore che potrebbero trovare un mercato di fascia alta”.

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L’espansione si estende ben oltre il caviale: gli agricoltori nelle province di Shandong e Anhui producono oltre 7.000 tonnellate di foie gras all’anno, rappresentando quasi il 30% del mercato globale e, parallelamente, aree come il Gansu stanno diventando fonti emergenti di vino e olio d’oliva, mentre in Mongolia Interna e Jilin si moltiplicano gli allevamenti di bovini in stile Wagyu.

A preoccupare produttori e commercianti italiani nel futuro sarà anche la diffusione dei tartufi cinesi: i “tuber indicum” non sono certo famosi per il loro sapore, e nel paese d’origine sono tradizionalmente considerati mangime per maiali, ma stanno guadagnando prestigio, con le esportazioni che nel 2023 hanno raggiunto il 32.5 tonnellate, circa un terzo del commercio globale.

Per stimolare l’interesse interno, le aziende stanno abbassando i prezzi: il caviale cinese, per esempio, costa circa un terzo in meno della varietà importata. Questo ha portato a un’ondata di innovazione culinaria, con il caviale proposto in gelati, mooncakes o anatra alla pechinese, e con chef che si sfidano nell’utilizzare il foie gras nel dim sum o servito brasato con salse di frutta. Bai Xue, responsabile vendite di un produttore di foie gras, descrive la situazione domestica: “è molto competitivo. Una volta che una creazione vende bene, tutti ne faranno qualcosa di simile in pochissimo tempo”.

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Nonostante il successo, la rapida espansione cinese suscita perplessità e impone sfide, come nella produzione di foie gras, vietata in molti luoghi a causa della crudeltà dell’alimentazione forzata. Jeff Zhou, rappresentante cinese di Compassion in World Farming, ha dichiarato: “l’industria mostra un estremo disinteresse per il benessere degli animali. Lo sviluppo della Cina è in diretto conflitto con i valori globali”.

Ovviamente, anche i produttori stranieri esprimono preoccupazione. Eurofish International sostiene che: “la qualità del caviale italiano supera nettamente quella della produzione di massa del prodotto cinese”. Una percezione che influisce sul mercato, tanto che Jeffrey Merrihue, fondatore di XtremeFoodies, ha notato che i ristoranti talvolta nascondono l’origine cinese dei prodotti gourmet, poiché: “credono, giustamente o ingiustamente, che ‘made in China’ sia meno prestigioso”.

Il percepito non sembra quindi ancora all’altezza delle specialità storiche, ma ciò non toglie che alcuni produttori, come Kaluga Queen, esportino in 46 Paesi e abbiano raggiunto le cabine di prima classe di diverse compagnie aeree, come Lufthansa. Il fondatore Wang Bin prevede che i cibi di lusso cinesi si muoveranno rapidamente da semplici imitazioni a simboli di alta qualità, affermando che: “la produzione cinese era solita competere principalmente sui prezzi bassi, ma ora tutto si sta spostando verso l’alta gamma”.