Consumi: la guerra in Ucraina e il caro vita tengono il PIL sotto il 3%

L'analisi del Centro studi di Unimpresa sottolinea come i consumi e la crescita economica del Paese stiano soffrendo a causa della guerra.

Consumi: la guerra in Ucraina e il caro vita tengono il PIL sotto il 3%

Alla titubante ripresa dai due anni di pandemia, macchiata da un’inflazione galoppante, aggiungiamo tutte le incertezze per il futuro legate allo scoppio della guerra in Ucraina e il caro vita, che coinvolge i prezzi dei prodotti alimentari e di luce, gas e carburante: non sorprende, dati alla mano, vedere che i consumi e la crescita economica dell’Italia hanno subito un calo per questo e il prossimo anno.

Scontrino spesa

Lo segnala il Centro studi di Unimpresa che sottolinea come a gennaio, quando il conflitto ancora non era iniziato, le vendite al dettaglio già avevano subito una contrazione dello 0,5% su base mensile a causa della flessione sull’acquisto di beni alimentari (-0,1%) e non (-0,8%). Ora che la situazione si è complicata ulteriormente, le stime della crescita del PIL si tengono al di sotto della soglia del 3% e, considerando che il conflitto pare ben lontano dalla risoluzione, ci si aspetta che i combattimenti eroderanno un altro punto e mezzo percentuale di crescita.

“In questo quadro, il fattore maggiormente negativo è il rincaro dei prezzi dei beni energetici: l’aumento del costo del gas, dell’energia elettrica e dei carburanti per i veicoli ha un duplice effetto sulla spesa delle famiglie, poiché incide sia aggredendo il reddito disponibile sia riducendo le prospettive di fiducia” ha spiegato il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Commentando il decreto legge energia approvato due giorni fa dal Consiglio dei ministri, inoltre, Ferrara sottolinea come le misure siano “insufficienti per risolvere un problema sia da un punto di vista temporale sia da un punto di vista di importo.  Il decreto si fonda su un impianto alla “Robin Hood”, cioè con un prelievo fiscale aggiuntivo sugli extra profitti delle aziende che vendono prodotti energetici, ma questo tipo di interventi spesso si rivela poco efficace, forse fallimentari, oltre a calpestare palesemente le più elementari regole di mercato”.