Un piccolo incidente diplomatico. Di certo il Principe William avrà grattacapi peggiori che avere a che fare con uno chef amazzonico risentito, eppure per noi la vicenda che ha riguardato, incredibilmente, i due soggetti offre interessanti spunti di riflessione.
Long story short, come si dice a Buckingham Palace: il Principe William in questi giorni è alle prese con l’organizzazione dell’Earthshot Prize Award, il premio che lui stesso ha lanciato nel 2020 (insieme al biologo e storico naturale David Attenborough) per premiare con un finanziamento di un milione di sterline i migliori progetti che lavorano sulla sostenibilità ambientale.
Un premio molto contemporaneo, e molto bello, in effetti, che quest’anno verrà consegnato il 5 novembre a Rio de Janeiro, accompagnato da una cena per 700 invitati. Ed è lì che è cascato l’asino. Anzi, il pesce amazzonico.
Perché il Principe William ha fatto arrabbiare uno chef

Il pomo, anzi il pesce della discordia è stato il pirarucu, tipico e tradizionalissimo pesce gigante del Rio delle Amazzoni. Pesce che, secondo lo chef amazzonico Saulo Jennings non poteva assolutamente mancare in un menu che celebrasse non solo la cultura locale, ma anche un approccio all’alimentazione più sostenibile, essendo un ingrediente tipico, a chilometro zero, e il cui consumo non impatta sull’ambiente.
Eppure, dall’altra parte, l’organizzazione dell’Earthshot Prize Award pare abbia stampato in faccia allo chef amazzonico un sonoro no. Nessun pesce era contemplabile in un menu di una serata internazionale dedicata ai progetti ambientalisti e sostenibile, perché quel menu, senza nessun dubbio, avrebbe dovuto essere rigorosamente vegano.
Ne è nata – pare – prima una trattativa, con lo chef Saulo Jennings che ha fatto presente che avrebbe messo numerose proposte veg nel menu (come la radice di manioca, la foglia di jambu e le noci del Brasile) e poi, una volta saltata la trattativa (niente da fare, nessuna proteina animale ammessa all’Earthshot Prize Award) un piccolo incidente diplomatico, con lo chef amazzonico che si è dichiarato offeso e risentito. “È come chiedere agli Iron Maiden di suonare jazz”, ha chiesto, sostenendo che la richiesta fosse stata, da parte della Corona inglese, “una mancanza di rispetto per la cucina locale, per la nostra tradizione culinaria”.
Solo la cucina vegana è sostenibile?
Ed è qui che si apre il dibattito, là dove finisce la lite tra il Principe William (o il suo staff) e lo chef Saulo Jennings, che comunque non cucinerà per quel banchetto. E che forse non ha tutti i torti nel fare presente che la dieta vegana, per quanto sicuramente meno impattante di quella animale (almeno in termini globali, e sulla base delle abitudini contemporanee) non sia l’unica opzione sostenibile per il Pianeta.
“Mangiamo ciò che ci danno le foreste, ciò che ci danno i fiumi”, ha spiegato Jennings, che è anche ambasciatore gastronomico delle Nazioni Unite. “Alcuni giorni mangiamo pesce. Altri giorni mangiamo noci e açai. Anche questo è sostenibile”.
E ha ragione. La cucina animale, quando rispetta le tradizioni, quando preserva il benessere dell’ambiente, quando non è frutto di allevamenti intensivi, è più che sostenibile, e va preservata, soprattutto quando porta con sé significati importanti come quelli della cucina amazzonica. Anzi, ci sono ambientalisti che affermano che un’arma fondamentale per fermare la distruzione dell’Amazzonia è incoraggiare l’uso sostenibile delle sue risorse. Quindi, anche dei suoi ingredienti. E non sempre la cucina vegana è sostenibile, considerato che le stesse industrie che ci hanno rifilato cibi ultraproccessati e fortemente impattanti ora spesso si riconvertono ai prodotti e al mercato veg, dove in sostanza l’unico ingrediente che cambia è quello animale, ma poi la sostanza del processo di produzione rimane la stessa, in un procedimento di greenwashing in cui troppo spesso cadiamo facilmente.
Ma poi ci si chiede: nel quotidiano, è possibile davvero una via di mezzo? Una scelta non vegana, non impattante e rispettosa delle risorse del Pianeta, che siano animali o vegetali? Perché forse è lì che bisognerebbe arrivare, in sostanza.

