Il panorama dei consumi in Italia sta vivendo una fase di profonda trasformazione, guidata da una crescente attenzione verso il benessere personale e l’adozione di uno stile di vita sempre più consapevole: una trasformazione di cui anche il mondo della birra sta prendendo atto e che può certamente interpretare in maniera positiva.
Per farlo bisogna però conoscere l’estensione del fenomeno, meglio se attraverso dei dati: va evidentemente in questa direzione il report annuale del Centro Informazione Birra, arrivato nel 2025 alla terza edizione e curato da BVA Doxa per Assobirra, associazione di birrifici (sia industriali che artigianali) e maltatori.
La ricerca evidenzia come l’alimentazione sia sempre più percepita non come una restrizione, ma come una scelta di benessere che dovrebbe coniugare piacere, responsabilità e rispetto per l’ambiente. Mangiare bene diventa un gesto personale che esprime i propri valori e un modo per prendersi cura di sé, e in questo contesto di ricerca di equilibrio e qualità, anche il consumo di alcolici si sta trasformando, evolvendo da gesto automatico a piacere consapevole, vissuto con misura e legato alla scoperta.
La scelta consapevole e il fenomeno “sober curious”

La moderazione nel bere è ormai considerata una scelta consapevole per il 71% degli italiani. Tra le generazioni, è la Gen X è la più convinta di questa maturazione culturale, con il 75% che la definisce una scelta consapevole e un altissimo 94% che le attribuisce un’importanza molto elevata,.
A spingere verso la moderazione sono soprattutto l’esigenza di sentirsi lucidi e presenti (indicata dal 52% del campione totale) e l’interesse per la salute (38%). Mentre la Gen X è motivata a mantenere il controllo, i Millennials integrano la moderazione come parte di uno stile di vita equilibrato, e la Gen Z tende semplicemente a evitare gli eccessi: le nuove generazioni, in generale, manifestano una maggiore curiosità verso le alternative, privilegiando la qualità e la varietà rispetto alla quantità.
A tal proposito, si diffonde il concetto di “sober curious“, un approccio che incoraggia a interrogarsi sulle proprie abitudini di consumo senza necessariamente rinunciare del tutto all’alcol. Questo approccio si riflette anche nelle aspettative verso il mercato: il 47% degli italiani si aspetta che bar e ristoranti offrano sempre birra analcolica, e un italiano su tre pretende la presenza fissa di vino o spumante senza alcol.
La crisi si fa sentire anche nella convivialità che, pur restando un valore fondamentale, si riorganizza in “momenti selezionati e significativi”: si riscopre il piacere di cucinare in casa e di condividere momenti autentici, trasformando l’esperienza sociale in un “investimento” di tempo e risorse.
Un chiaro segnale di questa ricerca di equilibrio è l’alternanza tra periodi di consumo e astensione, come nel caso del Dry January: la partecipazione è ancora molto contenuta (solo il 7% ha aderito), ma i giovani interpretano questa iniziativa come una ricerca di benessere personale e non come una rinuncia. I partecipanti lo fanno prevalentemente per migliorare la salute o per purificarsi dopo gli eccessi festivi.
In un momento storico in cui il piacere non coincide più con l’eccesso, ma con la misura, e che sta trasformando il bere in un atto sempre più consapevole, il settore della birra sembra avere l’atteggiamento giusto per trovare una chiave di lettura adatta, dagli artigiani che sperimentano con l’analcolico e il low-alcohol all’industria che ragiona su numeri e tendenze.

