D’Alema alla parata di Xi Jinping prova a vendere il vino in Cina

Gli affari della "Silk Road Wines" non vanno affatto bene, e nel 2014 ha fatturato un solo euro. D'Alema prova a rilanciare gli affari con una missione in Cina: funzionerà?

D’Alema alla parata di Xi Jinping prova a vendere il vino in Cina

3 settembre 2025: tra il pubblico della parata militare che ha sfilato per le vie di Pechino, voluta da Xi Jinping per ostentare e celebrare la potenza delle forze armate cinesi, spunta uno spettatore inatteso: si tratta di Massimo D’Alema, e la sua presenza, nonostante un messaggio ottimista e pacifico come “confido che qui da Pechino venga un messaggio per la pace e per il ritorno di uno spirito di amicizia tra tutti i popoli” rilasciato a un giornalista cinese, manda su tutte le furie il leader di Azione Carlo Calenda, che su X tuona: “la gravità di un ex Presidente del Consiglio che va a Pechino per celebrare la nascita del fronte antioccidentale”, stimolando pareri opposti provenienti da sinistra, e un generale dibattito sul cosa effettivamente ci facesse lì.

A distanza di pochi giorni, la risposta è arrivata: era lì a vendere del vino, o quantomeno a provarci.

La via della seta di D’Alema

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A ricostruire e fare i conti in tasca alla Silk Road Wines, società che D’Alema ha fondato nel 2019 insieme ai suoi due figli -e che vede coinvolto nientemeno che il re degli enologi Riccardo Cotarella– è Fosca Bincher su Open, e tratteggia una situazione decisamente non rosea.

Gli affari verso la Cina non vanno affatto bene, e nel 2023 poteva almeno dichiarare 213.554 euro di ricavi per un modesto guadagno di i 29.691 euro, nel 2024 l’incasso è stato zero, riuscendo almeno a limitare i danni con una perdita 4.206 euro.

Anzi, a voler essere precisi l’incasso non è stato davvero zero, bensì un euro: e chi abbia versato a D’Alema una moneta, poi regolarmente dichiarata in bilancio, è un altro mistero tutto da risolvere. La società era nata in seguito all’accordo della “Via della Seta”, siglato dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che prevedeva accordi commerciali e collegamenti su rotaia che facilitassero gli scambi con la Cina, e i primi risultati furono almeno incoraggianti.

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A rovinare i piani aziendali ci ha pensato però Giorgia Meloni che a fine 2023 comunica la fuoriuscita dell’Italia dalla “Belt and Road Initiative” cinese, dando disdetta degli accordi presi da Conte, e di fatto azzerando gli affari della Silk Road Wines.

Va detto che il vino italiano in Cina, stando ai numeri evidenziati da Open, non sembra aver mai espresso il potenziale che si auspicava nel 2017, dopo un iniziale boom di importazioni, poi piano piano scemate di anno in anno, e anche quando il 2024 ha visto un aumento del 37% del valore del mercato dell’import (arrivando a 1,4 miliardi di euro), a godere di questa nuova vitalità erano tutti fuorché l’Italia, che invece perdeva un ulteriore 9% mentre per Francia, Cile e Australia gli affari andavano a gonfie vele.

Ma quali sono i vini che D’Alema cerca di vendere a Pechino? Si tratta delle produzioni della Cantina La Madeleine, azienda agricola in provincia di Terni, il cui catalogo prevede tre spumanti metodo classico, tutti e tre rosé a base Pinot Nero, caratterizzati da soste sui lieviti di almeno 36, 60 e 120 mesi, due Rossi Umbria IGP a base di Cabernet Franc e uno di Pinot Nero, un Rosato Umbria IGP, sempre da uva Pinot Nero, un Ciliegiolo e un bianco fermo da uve Verdicchio, Viogner e Vermentino, frutto del recente raddoppio della superfice vitata dell’azienda.

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Forse le referenze non hanno aiutato, visto che i bevitori cinesi hanno dimostrato di apprezzare rossi corposi e dalle denominazioni altisonanti, e anche l’indiscusso star power enologico di Riccardo Cotarella non si è dimostrato sufficiente. Nella nota integrativa alla presentazione del bilancio gli amministratori non rivelano chi abbia versato il misterioso euro, ma incolpano la congiuntura economica mondiale sfavorevole.

“Nel 2024 l’economia mondiale ha attraversato una fase di transizione caratterizzata da una crescita moderata, influenzata da complessi fattori geopolitici e monetari. Le tensioni internazionali ed i conflitti in Ucraina e Medio Oriente continuano a condizionare gli scambi commerciali, mentre le principali banche centrali mantengono politiche monetarie prudenti. Il quadro complessivo rivela una fase di assestamento globale, dove l’incertezza geopolitica, l’evoluzione delle catene di approvvigionamento e la trasformazione dei modelli energetici disegnano uno scenario economico in costante ridefinizione”.

Nonostante la pessima performance gli amministratori si ritengono comunque ottimisti, e concludono la nota ritenendo “appropriato il presupposto della continuità aziendale”: che abbiano ricevuto buone notizie dalla missione cinese di D’Alema?