Le feste del 2025 non portano strenne gradite per il settore lattiero caseario europeo: dopo i dazi imposti dall’amministrazione Trump infatti, ad alzare un nuovo muro di tariffe è anche Pechino, e con aliquote sostanziose. Si parla infatti di dazi del 42,7%, in vigore dal 23 dicembre 2025, attraverso una misura che durerà inizialmente due mesi, e colpirà quindi prodotti come latte, panna, formaggi freschi e trasformati, includendo eccellenze a denominazione protetta come il Gorgonzola italiano e il Roquefort francese.
Cina vs. Europa

L’iniziativa è considerata dai più una ritorsione per i dazi dell’Unione Europea sui veicoli elettrici cinesi, in un contesto di crescenti tensioni commerciali iniziato nel 2023. Il Ministero del Commercio cinese ha giustificato la decisione affermando di aver riscontrato prove di sussidi europei che danneggiano l’industria nazionale, la quale sta già lottando con un eccesso di offerta di latte e un calo della domanda dovuto alla denatalità e a una maggiore attenzione ai costi da parte dei consumatori.
La Commissione Europea ha criticato aspramente il provvedimento definendolo ingiustificato e privo di fondamento. Il portavoce Olof Gill ha espresso la posizione dell’istituzione dichiarando: “La valutazione della Commissione è che l’indagine si basi su accuse discutibili e prove insufficienti, e che le misure siano quindi ingiustificate e infondate”.
Nel nostro paese la preoccupazione è forte, soprattutto in vista della rapida crescita del settore sul mercato cinese negli ultimi anni. Un tensione sottolineata da Coldiretti e Filiera Italia: “Il valore delle esportazioni di formaggio italiano in Cina è triplicato negli ultimi cinque anni e la mossa di Pechino di imporre dazi sui prodotti lattiero-caseari europei rischia di pesare sul potenziale di crescita del settore nel mercato asiatico, l’ennesimo episodio di una guerra commerciale che sta danneggiando il settore agroalimentare”.
Secondo gli analisti, la Cina sta utilizzando queste barriere tariffarie non solo come segnale diplomatico, ma anche per proteggere un settore interno che sta perdendo profitti da anni. Yifan Li, responsabile del settore lattiero-caseario in Asia presso StoneX, ha osservato che “L’eccesso di offerta di latte nel paese gioca un ruolo significativo nella decisione del governo di imporre dazi. l’intera industria lattiero-casearia cinese ha perso profitti negli ultimi quattro anni, l’industria è stata dissanguata”.
Questa crisi ha spinto i produttori cinesi a tentare una transizione verso prodotti a più alto margine, come burro e panna, come evidenzia l’analista Lian Yabing: “La decisione sui dazi è sicuramente un’opportunità per i principali produttori lattiero-caseari come Yili e Mengniu, che quest’anno stanno intensificando la produzione di burro, panna e formaggio”.
Le tariffe specifiche variano a seconda del grado di cooperazione delle aziende durante l’indagine cinese. L’italiana Sterilgarda Alimenti SpA pagherà l’aliquota minima del 21,9%, mentre aziende come l’olandese FrieslandCampina saranno soggette al tasso massimo del 42,7%. Circa sessanta società, tra cui Arla Foods -cooperativa danese e settima azienda casearia più grande del mondo- pagheranno tariffe vicine al 30%.
La prossima mossa di questo complesso confronto spetta ancora a Pechino, con i risultati dell’indagine che dovrebbe essere reso noto ufficialmente nel febbraio 2026, ma il risultato finale della partita dipenderà dall’esito dei negoziati in corso tra Pechino e Bruxelles riguardanti il settore automobilistico: l’UE cederà alle pressioni cinesi o manterrà la sua politica protezionista? E in quest’ultimo caso, come farà fronte alle difficoltà delle aziende colpite dai dazi, e alle minacce di ulteriori ritorsioni su altri mercati importanti come quelli degli alcolici e della carne di maiale?

