Dieta mediterranea 2.0: la nuova versione della piramide è assai più vegetale

La dieta più famosa e seguita viene aggiornata per la prima volta, con un focus sugli alimenti green e gli effetti sulle nuove generazioni.

Dieta mediterranea 2.0: la nuova versione della piramide è assai più vegetale

Fra le tradizioni nostrane inossidabili c’è sempre lei, la dieta mediterranea. Modello di alimentazione nel mondo, fregio di certa politica che promuove il business as usual, addirittura dal 2010 patrimonio immateriale dell’UNESCO. Peccato che, nonostante tanta retorica, in pochi la seguano, specie le generazioni più giovani.

In ogni caso la piramide più famosa dopo Giza tiene botta, come un mantra che riecheggia dallo studio di un nutrizionista all’altro. E sempre a proposito di alimentazione e salute, qualcuno si è accorto che la sua struttura non regge più di tanto, specie alla luce di nuove consapevolezze in campo medico e ambientale. Insomma, andava rifatta e il focus, come spesso accade, sta nella componente vegetale. Ecco com’è la versione 2.0 della dieta mediterranea.

Una tavola più variegata

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La novità arriva dalla Sinu, Società Italiana di Nutrizione Umana che proprio nei giorni scorsi ha tenuto il suo 45esimo congresso nazionale a Salerno. Medici e scienziati hanno raggiunto un verdetto: la dieta mediterranea va aggiornata. Quelle famose caselline che, ad esempio, promuovevano i formaggi stagionati e mantenevano il distinguo fra carne bianca e rossa non valgono più. C’è di mezzo la salute, ma anche gli stili di vita, le nuove evidenze scientifiche e le abitudini alimentari, spesso rovinose, di bambini e adolescenti.

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A presentare la versione 2.0 della dieta è la dottoressa Anna Tagliabue, presidente Sinu. Che spiega innanzitutto cosa è o dovrebbe essere una dieta, non solo un regime alimentare ma anche “uno stile di vita che include competenze, conoscenze e tradizioni, nel rispetto del territorio e della biodiversità”. Un tantino diverso dai paesaggi asettici del supermercato dove, in ogni momento dell’anno, si comprano sempre i soliti pomodori-peperoni-patate, convinti di aver colto la triade illuminata della dieta mediterranea. (Spoiler, è la triade più americana che ci sia).

Continua Tagliabue: “È ampiamente dimostrato che una maggiore aderenza alla dieta mediterranea è associata a numerosi benefici per la salute, in primis la riduzione della mortalità e la prevenzione di malattie croniche non trasmissibili […]. Nonostante ciò, assistiamo a una scarsa adesione, soprattutto tra le giovani generazioni”. Il punto è proprio questo: la dieta mediterranea è famosa e fattibile ma in pochi la seguono. E le “eccezioni” concesse dalle linee guida non hanno neanche più tanto senso.

Cosa cambia: meno carne e formaggi, più legumi e cereali

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“Il nostro modello è il primo del genere proposto da una società scientifica e può costituire una base per le linee guida”. A parlare è il professor Francesco Sofi, membro del Comitato Scientifico Sinu e direttore della Sod Nutrizione a Careggi di Firenze. Come si aggiorna una cosa così radicata come la dieta mediterranea? Beh sicuramente partendo dalla frequenza di consumo di certi alimenti, nonché dalla loro categorizzazione.

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“Il modello aggiornato prevede un’enfasi ancora maggiore sugli alimenti di origine vegetale, in particolare frutta, verdura e olio extravergine di oliva, insieme alla promozione di cereali integrali e legumi come principali fonti nutritive. Incoraggia un approccio misurato al consumo di alimenti di origine animale, in particolare limitando il consumo di carne rossa e lavorata, e orientando verso schemi alimentari più sostenibili”.

La base della piramide dunque resta la stessa, ma diminuisce il consumo di alimenti come carne bianca e rossa, insaccati, formaggi stagionati, grassi diversi dall’olio e zuccheri raffinati. Attenzione all’alcol (nonostante resti attiva l’indicazione “un bicchiere di vino a pasto è accettabile” su cui sorvoliamo) e ben vengano le alternative sane agli snack ultra processati. Il beneficio più grande, dicono gli esperti, andrebbe proprio ai ragazzi.

“Mentre il consumo di alimenti tradizionali è quasi completamente conservato anche al giorno d’oggi” spiega Sofi, “come ad esempio il consumo di olio d’oliva, quello di frutta, verdura, cereali integrali, latte e latticini e legumi sta diminuendo soprattutto tra le giovani generazioni e non è adeguato alle linee guida”. Si faccia largo a quelle nuove dunque, studiate per enfatizzare salute, ambiente e società con l’introduzione massiccia di cibi integrali e vegetali.