Diversi wine bar di Parigi truffavano i clienti, e a confessarlo sono i camerieri

Chianti anziché Bardolino, Beaujolais spacciato per Côtes-du-Rhône e altro: pare che nei wine bar di Parigi le truffe siano all'ordine del giorno.

Diversi wine bar di Parigi truffavano i clienti, e a confessarlo sono i camerieri

Bere l’etichetta, più o meno letteralmente. Tra le pagine di Le Parisien risuonano le voci di sommelier, camerieri e altri addetti alla sala dei wine bar di Parigi. La loro è una confessione: proprietari e capi di vario genere avevano dato loro istruzione di sostituire i vini ordinati dai clienti con versioni più economiche così da massimizzare i guadagni.

L’usanza, per così definirla, pare fosse – sia – particolarmente radicata in particolare nelle zone più turistiche della capitale francese: “A parte i clienti abituali” ha spiegato un cameriere al quotidiano di cui sopra, “tutti gli altri clienti venivano regolarmente truffati”. I redattori di Le Parisien, d’altro canto, non si accontentano di raccogliere testimonianze; e scendono in campo per toccare con mano. O con palato.

L’inganno della cadrega, ma alla francese

parigi

Avranno scoperto l’acqua calda, diranno i nostri lettori più cinici. Tra il millantare il proprio cinismo – manco fosse un qualcosa di cui andare fieri: a che serve pensare come un truffatore, se non si è intenzionati a denunciare? – e l’alzare la voce per far sapere che sì, c’è una truffa in corso, preferiamo però quest’ultima opzione.  E i colleghi di Le Parisien con noi, di fatto.

Non solo vino dealcolato: le bevande no/low alcol da provare nel 2025 Non solo vino dealcolato: le bevande no/low alcol da provare nel 2025

“A volte versavamo tutto il vino avanzato in una sola bottiglia” ha spiegato ancora un professionista del calice a Le Parisien. “Altre volte si sostituiva il Bardolino con il Chianti, che è molto più economico e con un sapore completamente diverso. O ancora mi è capitato di spacciare Beujolais per Côtes-du-Rhône”. Dicevamo: bere l’etichetta.

Tempo di missione in incognito, dunque. Gwilherm de Cerval, giornalista ed ex sommelier in diversi hotel di lusso, e Marina Giuberti, sommelier e commerciante di vini, si sono spacciati per turisti anglofoni e hanno imboccato la via dell’aperitivo. La prima ha affermato di avere pagato 8 euro e 50 per un calice di Chablis che assomigliava a un Sauvignon Blanc, e la seconda avrebbe ordinato un calice di Sancerre da 7 euro e 50 che, allo stesso modo, ricordava un ben più generico Sauvignon.

“Il proprietario ci sgridava se la bottiglia più costosa finiva troppo in fretta” spiegano ancora i camerieri, rimasti comprensibilmente anonimi. “Solo una volta un cliente ha scoperto l’inganno: era un sommelier”. Morale della favola? Alla prossima meglio comprarsi la bottiglia.